Piemonte

Slow Food, no alla carne coltivata ma diminuirne il consumo

Nappini: 'L'approccio industriale intensivo è insostenibile'

Redazione Ansa

(ANSA) - TORINO, 23 MAG - "Non c'è alternativa alla riduzione del consumo di carne", perché passare a quella coltivata in laboratorio è come "passare dalla padella alla brace". Lo sostiene Slow Food Italia, che ha appena diffuso un documento sulla propria posizione in merito, in cui affronta anche le modalità della produzione industriale, le conseguenze del consumo di carne e le modalità di allevamento e agricoltura sostenibili.
    Il no viene detto perché il cibo è cultura, oltre che carburante per 'organismo, perché la produzione di carne in laboratorio richiede grandi quantità di energia, oltre al fatto che molti aspetti della produzione stessa sono sconosciuti, dal momento che le aziende si nascondono dietro al segreto industriale. I principali soggetti che puntano ai laboratori sono inoltre gli stessi che dominano la filiera della carne, con le stesse logiche di guadagno e monopolio.
    "Soddisfare l'attuale domanda globale di carne - Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia - ha richiesto uno stravolgimento dei secolari metodi di allevamento, dando vita al cosiddetto approccio industriale o intensivo. Un metodo che ha sì assicurato carne (quasi) per tutti, ma a condizioni ingiuste, inaccettabili e insostenibili. Secondo Slow Food, per frenare questa deriva basterebbe ridurre il consumo di carne nei Paesi del nord del mondo, dando concretezza alla auspicata transizione proteica, piuttosto che promuovere la carne coltivata". (ANSA).
   

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