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OpenAI: la parabola di Altman e lo svelamento di Q* 

Tutto sulla cacciata del CEO e il suo ritorno trionfale, mentre trapela la notizia che forse è già nata la prima Artificial General Intelligence

Sam Altman

Redazione Ansa

 

Partiamo dalla fine: siamo a poche ore dall’epilogo della soap opera più seguita al mondo, quella che in cinque giorni ha visto silurare e poi reintegrare Sam Altman a capo di OpenAi. Non abbiamo avuto neanche il tempo di abituarci al ritorno in pompa magna del caro leader, l’uomo cui spetta il merito di aver reso pop l’intelligenza artificiale a livello globale con il lancio di ChatGPT, che Reuters diffonde una nuova notizia shock: dietro il suo licenziamento ci sarebbe lo scontro con il board dell’azienda per divergenze di opinioni su come gestire Q* (Q Star), la nuova, misteriosa e pare avanzatissima IA cui OpenAI lavora in gran segreto.  

 

Anzi, a scatenare la crisi interna alla startup più importante degli Stati Uniti sarebbe stata proprio una lettera, circolata internamente e firmata da alcuni ricercatori, nella quale si esprimeva preoccupazione per gli sviluppi del nuovo LLM, ritenuto potenzialmente in grado di minacciare l'umanità. L’ennesimo colpo di scena in una delle settimane più intense di sempre per la fiorente industria dell’IA, che come tale merita un riepilogo puntuale e qualche riflessione in più. 

 

L’IA del mistero 

Prima però, due parole in più su Q*: il trambusto intorno al nuovo prodotto di OpenAI, di cui si sa ancora pochissimo, deriva dal fatto che avrebbe mostrato caratteristiche da AGI, cioè Artificial General Intelligence, un’intelligenza artificiale simile a quella dell’uomo per la capacità di apprendere e adattarsi. In pratica, il Santo Graal di chi fa ricerca in questo settore, il prossimo grande step evolutivo di una tecnologia che oggi fa già meraviglie, ma è “solo” una Narrow AI (o IA ristretta), in grado cioè di svolgere bene compiti verticali e specifici, ma che deve essere addestrata da capo per ogni nuova applicazione.  

 

Sempre secondo Reuters, Q* avrebbe dimostrato la sua (inattesa) superiorità rispetto alle attuali IA generative superando la loro incapacità di risolvere problemi matematici. Si tratta dello straordinario e imminente progresso di cui lo stesso Altman è andato a vantarsi per settimane in giro per convegni? Forse, ma non ne abbiamo la certezza. Quel che è certo è che, qualora Q* si dovesse rivelare davvero una AGI, la sua nascita porrà sfide etiche, morali e per la sicurezza del tutto nuove e alle quali non siamo minimamente preparati. Se a questo sommiamo la disinvoltura con cui Altman ha finora lanciato nuovi prodotti IA sul mercato, indipendentemente da quale impatto possano avere a livello globale, ecco che lo scontro appena avvenuto nel cuore di OpenAI inizia ad acquistare senso.  

 

Soap Opera in salsa Big Tech 

Ma parliamo dello scontro: tutto inizia il 17 novembre, quando si diffonde la notizia che l'amministratore delegato di OpenAI lascia il suo posto e quello nel consiglio di amministrazione, mentre al suo posto è nominata ad interim la chief technology officer Mira Murati (di origine albanese, ex-ingegnere Tesla, figura centrale nello sviluppo dei prodotti di OpenAI). “Lascia” è un eufemismo, visto che è il cda a silurarlo accusandolo, nel comunicato ufficiale, di non essere stato "sincero (in inglese candid n.d.r) nelle sue comunicazioni con il consiglio di amministrazione, ostacolando le sue capacità all'esercizio delle sue responsabilità. Il cda non ha fiducia nelle sua capacità di continuare a guidare OpenAI". Una formulazione insolitamente dura per situazioni del genere, e forse anche un po’ ingenua, visto offriva il fianco a Altaman per avviare un’eventuale azione legale contro il board.  

 

Il 18 si inizia a parlare di timori per la sicurezza dell'intelligenza artificiale sviluppata da OpenaAI come ragione alla base dell'estromissione di Altman. Secondo indiscrezioni, all'interno del consiglio di amministrazione c'era infatti crescente preoccupazione rispetto all’equilibrio tra sicurezza dei servizi offerti e velocità con cui questi venivano immessi sul mercato. Intanto circola la voce che l’ex CEO di OpenAI lavora al lancio di una nuova società sull'intelligenza artificiale insieme con Greg Brockman, l'ex presidente di OpenAI che lo seguito fuori dall’azienda.  

 

Vero o no, la cosa fa sicuramente gioco a quest’ultimo, perché mette ancora più pressione sugli investitori di OpenAI, primo fra tutti Satya Nadella, Ceo di Microsoft. Già, perché con 13 miliardi dollari investiti e l’integrazione in corso di GPT-4 sotto il brand Copilot, la casa di Redmond è forse quella che più ha da perdere. Subito dopo il fattaccio, Nadella ha espresso pubblicamente il suo appoggio alla Murati come CEO ad interim (che peraltro è rimasta in carica appena 48 ore), ma alcuni bene informati dicono che sia andato su tutte le furie. Del resto, annunciare il licenziamento di Altman a mercati ancora aperti è stata un’altra delle ingenuità commesse dal cda di OpenAI.  

 

A questo punto la situazione si fa ancora più confusa: mentre è ancora in corso il pressing di MS e degli investitori perché Altman torni al suo posto, è lo stesso Nadella ad annunciare che Altman e Brockman guideranno una nuova divisione Microsoft dedicata all’IA. Un cerchiobottismo che probabilmente deriva dalla necessità di tranquillizzare i mercati.  

 

Intanto il consiglio di amministrazione di OpenAI assume come amministratore delegato della società l’ex Ceo della piattaforma di streaming Twitch, Emmett Shear, il quale, fresco di nomina, annuncia che avrebbe avviato un'indagine sul licenziamento del co-fondatore Sam Altman e avrebbe lavorato per riformare la gestione dell'azienda. Bene, ma non benissimo. 

 

Il 20 novembre, 505 dipendenti di OpenAI su poco più di 700 firmano una petizione per chiedere il ritorno di Altman alla guida dell’azienda. Non è chiaro se sia per la stima verso il loro ex capo, perché hanno a cuore il futuro dell’intelligenza artificiale, o se per difendere gli ottimi stipendi percepiti (fino a 800mila dollari al mese) come sembra insinuare un pezzo di Business insider. Tra loro c’è anche Ilya Sutskever, direttore scientifico di OpenAI, membro del consiglio di amministrazione della società e già tra i quattro che hanno votato il licenziamento di Altman, che però ora ha cambiato idea: “Mi rammarico profondamente della mia partecipazione alle azioni del consiglio - scrive su X (ex Twitter) - Non ho mai avuto intenzione di danneggiare OpenAI. Amo tutto ciò che abbiamo costruito insieme e farò tutto il possibile per riunire l'azienda". Un ribaltone mica da nulla.  

 

Intanto non si lesinano colpi di scena: nel bel mezzo della tempesta, il cda avrebbe contattato Anthropic per una fusione delle due startup. La cosa notevole è che Anthropic non è solo diretta concorrente di OpenAI, ma è anche stata fondata da due suoi ex ingegneri che se ne sono andati a causa di disaccordi proprio con Altman sulla direzione dell'azienda. In ogni caso, il CEO Dario Amodei, impegnato nella creazione di un’IA sicura e affidabile, declina la proposta. 

 

Siamo alle ultime battute: "Ai miei partner di OpenAI: abbiamo visto la vostra petizione e apprezziamo il vostro desiderio di unirvi a Sam Altman a Microsoft al nuovo AI Research Lab -  afferma Kevin Scott, chief technology officer di Microsoft, il 22 novembre - Sappiate che se necessario, avrete un ruolo a Microsoft che corrisponde al vostro di compenso e avanzare la nostra missione collettiva". Per qualche ora, sembra insomma possibile che la stragrande maggioranza dei dipendenti OpenAI passeranno in blocco a lavorare in Microsoft. 

 

Poi, la svolta: OpenAI fa sapere di aver raggiunto un accordo per il ritorno di Altman alla guida della società a pochi giorni dal suo licenziamento. Oltre al suo ritorno, la società ha accettato in linea di principio di ricostituire parzialmente il cda che lo aveva accompagnato alla porta: l'ex co-Ceo di Salesforce Bret Taylor e l'ex segretario al Tesoro Usa Larry Summers si uniranno al Ceo di Quora e attuale direttore Adam D'Angelo. Resta fuori Helen Toner, forse la più decisa oppositrice dell’approccio Altman alla gestione dell’azienda, mentre Sutskever resta come direttore scientifico, ma (forse) è fuori dal cda. E si riparte di slancio. 

 

Uno scontro ideologico 

Quale che sia il ruolo di Q* in questo tech-drama degno di una piattaforma di streaming, vale la pena sottolineare che lo scontro interno al CDA è stata anche e soprattutto una battaglia ideologica. Una duro confronto figlio della storia stessa di OpenAI, che nasce nel 2015 come no profit votata a salvare gli esseri umani dai rischi dell’intelligenza artificiale, mentre oggi è diventata un'azienda a tutti gli effetti, peraltro protagonista assoluta nello spingere in avanti l’evoluzione dell’IA.  

 

E che - come scrive Andrea Nepori su Linkedin - ha visto contrapporsi quattro diverse fazioni: una più pragmatica, che si concentra sugli aspetti di business e punta al guadagno nella convinzione che eventuali rischi esistenziali potranno essere gestiti in un secondo momento. Una fazione composta da chi mette la sicurezza dell'IA prima di tutto (di cui fanno parte Ilya Sutskever, Helen Toner) e sostiene il rallentamento dello sviluppo dell'IA. Una terza fazione che raggruppa i tecno-utopisti come Yann LeCun e Andrew Ng, che credono senza remore e nel progresso tecnologico e infine una quarta fazione, di cui fa parte Greg Brockman (ora tornato in sella con Altman) che spinge per un rapido sviluppo del software ma su un cauto avanzamento della tecnologia dei semiconduttori, perché ritiene che se si limita la potenza di calcolo l’IA non potrà diventare pericolosa. 

 

Con il ritorno di Sam Altman e Greg Brockman, hanno vinto la prima e l’ultima fazione, con quali conseguenze per noi, è ancora tutto da scoprire. 

 

*Giornalista, esperto di innovazione e curatore dell’Osservatorio Intelligenza Artificiale ANSA.it 

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