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L'Estonia al voto, la premier Kallas cerca la conferma

Preoccupata la minoranza russofona, molti non andranno alle urne

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 04 MAR - Vecchie e nuove sfide infiammano il dibattito in Estonia, dove domani si andrà a votare per eleggere i 101 membri del Riigikogu, il Parlamento nazionale. A contendersi la maggioranza della sede del potere legislativo sono soprattutto i 5 partiti politici che attualmente dispongono di seggi. Guidato dalla prima ministra uscente, Kaja Kallas, il Partito della Riforma (Er) ha attualmente 34 seggi e spera di replicare il risultato delle scorse elezioni. Kallas è salita al governo nel gennaio 2021 in coalizione con il Partito di Centro (Ek), guidato dal precedente primo ministro Juri Ratas, che aveva assunto il potere dopo le elezioni del 2019 e si era dovuto dimettere in seguito ad accuse di corruzione. Anche il governo Er-Ek, però, non ha avuto una vita lunga: le micce della crisi sono state la riforma degli assegni familiari e quella dell'educazione primaria. Kallas è riuscita comunque a trovare i numeri per continuare, stringendo un'alleanza di governo con il Partito Socialdemocratico (Sde) di Lauri Läänemets, che aveva 10 seggi, e con Isamaa, il partito conservatore cristiano-democratico guidato da Helir-Valdor Seeder che vantava 12 deputati. Ora la prima ministra uscente cerca la riconferma e parte favorita nonostante la costante crescita dei prezzi e il conseguente rincaro del costo della vita (con un tasso d'inflazione al 18% al febbraio 2023). A tenere banco c'è anche la guerra in Ucraina. Al possibile coinvolgimento nel conflitto si somma anche la crisi migratoria: dal 19 settembre Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia hanno iniziato a respingere i russi in possesso di un visto turistico rilasciato da uno degli Stati Schengen dell'Ue. Nel Paese si è diffuso un sentimento anti-russo che ha portato alcuni a chiedere una limitazione dei diritti della minoranza russofona: i principali partiti politici spingono per una nuova legge che preveda l'istruzione scolastica esclusivamente in estone. Questo clima di tensione, a cui si aggiunge la rimozione di tutti i monumenti dell'era sovietica, starebbe spingendo molti russofoni a non partecipare al voto. Un dato importante, se si considera che sono circa il 25% della popolazione. (ANSA).

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