Regioni

Fase 2: Marche, impennata consumo carne primo mese lockdown

BovinMarche, boom marzo supermercati e negozi. +27,7% macellerie

Redazione Ansa

   Impennata nei consumi di carne nelle Marche durante il primo mese di lockdown per coronavirus. Nel mese di marzo, i dati di vendita, confrontati con quelli dell'anno precedente, registrano un +16,30% nella grande distribuzione organizzata, un +97,40% nella distribuzione organizzata e un +27,70% nelle macellerie.
    E' quanto emerge dal report fornito all'ANSA da BovinMarche, l'associazione di allevatori marchigiani, nata 30 anni fa, che oggi nella regione riunisce 400 aziende di piccoli allevatori.
    Se nei supermercati e negozi si è registrato un boom delle vendite, il segno negativo (-67,70%) arriva sul fronte dei ristoranti e agriturismo rimasti chiusi. "Il rallentamento della fornitura di carne alle mense collettive e al canale horeca, comportato dalla pandemia, si è associato al calo strutturale che, come azienda, registriamo durante la primavera, quando i consumi del prodotto calano con l'aumentare delle temperature", ha spiegato il direttore Paolo Laudisio - Gli italiani e di pari passo i marchigiani, hanno vissuto una prima fase di paura della pandemia che ha avuto una corrispondenza nell'aumento degli acquisti, nella corsa a far provviste. In particolare - ha aggiunto - nella grande distribuzione si sono registrate vendite pari e per alcuni anche superiori, a quelle del periodo natalizio".
    Nella seconda fase di emergenza sanitaria i consumatori hanno, invece, rallentato la corsa all'acquisto alimentare e la vendita della carne si è stabilizzata. Ma la seconda fase ha fatto emergere anche un problema legato alla macellazione degli animali, come evidenzia il presidente di Bovinmarche, Domenico Romanini: "Gli allevatori - ha detto - lamentano l'urgenza della macellazione, gran parte della quale sarebbe servita per la fornitura all'horeca e alle mense collettive che serviamo in tutta Italia. Bovinmarche - ha aggiunto - si sta impegnando a garantire il ritiro del prodotto che gli allevatori avevano impegnato con la cooperativa stessa, ai prezzi di acquisto pre-crisi". (ANSA).
   

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