Marche

Garrone, scrivo per immagini

Il regista al Futura Festival, nuovi progetti? per ora nessuno

Redazione Ansa

"Dipingevo, non leggevo e volevo fare il tennista, mio padre era disperato". Così ieri sera, nella giornata conclusiva del Futura Festival di Civitanova Marche, il regista Matteo Garrone, intervistato dal critico Italo Moscati. Reduce dalla fatica del suo ultimo film Il Racconto dei Racconti, tratto dalla raccolta di fiabe 'Lo cunto de li cunti' di Giambattista Basile, Garrone, autore tra l'altro del pluripremiato Gomorra (un Gran Prix speciale della Giuria a Cannes, cinque European Film Award, sette David di Donatello), de L'Imbalsamatore e di Reality, ha raccontato il suo approdo al cinema.

"Venivo dal Liceo artistico e mi sono avvicinato al cinema per mettere in atto le mie suggestioni visive. Così in Gomorra sono partito dalla realtà per costruire un racconto immaginario che fosse universale, mentre col Racconto dei Racconti ho fatto l'opposto: sono partito da un mondo di fiaba per trasfigurarlo nella realtà". "E' stato un progetto spericolato - ha ammesso il regista - perché mi sono ispirato addirittura al cinema muto e alla sua artigianalità, restituendo però modernità all'insieme grazie al testo, dove si parla già dell'ossessione di una donna di avere un figlio a tutti i costi, e di una vecchia che per tornare giovane non esita a farsi scorticare. Forse il primo lifting della storia". Ma l'idea di 'scrivere per immagini', che gli deriva dalla sua formazione pittorica - conserva ancora i disegni fatti a cinque anni, ha confessato - è ciò che lo spinge non solo a mettere da parte un certo budget per poter rigirare le scene meno riuscite a film ultimato (con la disperazione del produttore), ma anche a voler controllare personalmente ogni sequenza.

"Un quadro - ha spiegato - ce l'hai sempre davanti, ma un film non sai mai che tonalità avrà. Nel Racconto dei Racconti, dove c'erano molti effetti speciali, ho dovuto usare dei collaboratori ed è stata un'esperienza frustrante, perché non ero certo che le scene venissero come volevo. Il rischio era quello di fare un film molto costoso che non fosse né commerciale né personale". Perché Garrone, così accattivante sul palco, con la sua felpa a collo alto e le scarpe da tennis, è soprattutto un grande artigiano, un perfezionista del 'racconto visivo' che non esita a rischiare il tutto per tutto: "Gomorra era un film in dialetto che per di più finiva male - ha detto -, ma nonostante ciò è stato un successo. Non sono un regista capace di capire i gusti del pubblico, faccio solo film che mi piacerebbe vedere. Il mio approccio è quello di raccontare i personaggi nella loro umanità, di perdermi con loro nella narrazione senza mai salire in cattedra". "Il Racconto dei Racconti non è stato un successo commerciale, ma bisogna ricordare che i film non si vedono solo al cinema, su cui questo successo viene misurato, ma anche alla televisione o sul computer. Del resto la pellicola è stata costruita per una platea internazionale e bisogna aspettare almeno un anno per vedere i suoi incassi all'estero". Infine un cenno ai registi italiani preferiti: "Rossellini, capace di trasfigurare la realtà, Fellini di reinventarla creando un universo onirico", e ai suoi progetti: "Nessuno, lo giuro, proprio prima di venire qui stavo rileggendo i miei appunti per farmi venire in mente qualcosa". 

Leggi l'articolo completo su ANSA.it