Marche

Uno Bianca, 20 anni fa arresto Savi

Familiari vittime, 'ferita aperta'. Il Pm, ricordi indelebili

Redazione Ansa

(ANSA) - BOLOGNA, 22 NOV -  Sono passati 20 anni dall'arresto di Roberto Savi, il 22 novembre 1994. Pochi giorni dopo fu ammanettato anche il fratello, Fabio, mentre tentava la fuga con la fidanzata romena Eva Mikula. Era la fine della Banda della Uno Bianca, che in sette anni e mezzo aveva terrorizzato Bologna, la Romagna e le Marche, lasciandosi alle spalle 24 morti e oltre 100 feriti. Roberto Savi era un poliziotto della questura di Bologna, lo stesso mestiere del terzo fratello, Alberto, il minore, in servizio a Rimini. Del gruppo criminale facevano parte anche Marino Occhipinti, in forza alla squadra mobile di Bologna, e Pietro Gugliotta, operatore radio in questura. Un quinto collega della Polstrada di Cesena, Luca Vallicelli, partecipo' solo alle prime rapine. C'era poi la Mikula, che fu assolta da omicidi e rapine. All'ergastolo sono invece stati condannati i tre Savi e Occhipinti, che nel 2011 ha ottenuto la semilibertà. A vent'anni di distanza il ricordo del sangue versato dalla banda è ancora intenso. Ogni anno a Bologna le commemorazioni sono partecipate e commosse, in particolare il 13 ottobre e il 4 gennaio, anniversario dell'eccidio del Pilastro dove furono ammazzati tre carabinieri. "Per noi la ferita è ancora aperta. Per tutti, per i feriti e per i familiari dei morti. Non si possono chiudere quei fatti, commessi con cattiveria e violenza inaudita. Ci hanno straziato", dice oggi Rosanna Zecchi, presidente dell'associazione familiari delle vittime e moglie di Primo, assassinato dai killer mentre annotava la targa di un'auto. Quando Roberto Savi fu preso, ricorda Zecchi, "ero con mia figlia, ci guardavamo in faccia e ci chiedevamo: saranno stati loro o non saranno stati loro?". Per lei i componenti della banda "sono stati dei bastardi senz'anima, non hanno avuto pietà di nessuno". Chi non dimenticherà mai il giorno dell'arresto è il procuratore aggiunto di Bologna, Valter Giovannini, all'epoca Pm che coordinò le indagini e condusse l'accusa contro i Savi: "Ho ricordi indelebili di quella notte. A partire dal momento dell'arresto di Roberto Savi nel suo garage di via Signorini, dove assisteva a quanto stava accadendo con freddo distacco; al viaggio in autostrada nella notte, avvolti in una nebbia fittissima, verso Rimini, dove Savi sarebbe stato interrogato; ai suoi monosillabi nel rispondere, quasi come un automa, alle domande del magistrati di Bologna e Rimini, intercalati da inespressivi 'positivo', 'negativo'". Giovannini ricorda il clima che si respirava tra gli investigatori: "Tra tutti i magistrati che in quella prima fase si occuparono delle indagini c'era sgomento per ciò che stava emergendo, ansia di capire e voglia di fare presto senza commettere errori. In quel momento ci guardava l'intero Paese". E Rimini - commenta il sindaco Andrea Gnassi - "è grata verso l'allora pm Daniele Paci e verso i due agenti di polizia Luciano Baglioni e Pietro Costanza che individuarono la pista investigativa giusta. Oggi è possibile ricordare quelle giornate in cui sulle strade della Romagna finì per sempre il folle viaggio omicida di un pugno di assassini". (ANSA).  

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