Lombardia

Curdo arrestato Turchia per 'Bella Ciao'

Legale, 'necessario tutelare i diritti senza entrare in conflitto con legislazione turca'

Redazione Ansa

(ANSA) - MILANO, 12 NOV - E' stato arrestato perché ha postato sul web un video delle combattenti curde, le famose peshmerga, che cantano 'Bella Ciao'. Gli hanno detto che era un pericoloso sovversivo. Così si è fatto 40 giorni di arresti domiciliari e poi è riuscito a lasciare il Paese. Oggi è in Italia, e denuncia "un accanito controllo" dei sostenitori del governo turco sul web e nella comunità curda in Italia.

Il fenomeno delle 'spie' turche è uno dei più spinosi, per i curdi che sono riusciti a venire a vivere in Italia come rifugiati. L'asilo politico non li protegge, perché in Turchia hanno le famiglie, beni privati, e vivono spesso con circospezione, come fuggitivi. Maruf (il nome è di fantasia, ndR) ci incontra in un negozio Kebab nel Milanese. Ha lo sguardo rassegnato e le mani che tremano, più per la rabbia che per la paura: "Sono stato picchiato, minacciato, arrestato - racconta all'ANSA -. Io prima facevo l'attivista, sostenevo la causa del popolo curdo, ma pacificamente, a margine delle attività dei partiti legalmente riconosciuti, non il Pkk, per capirsi. Ora mi vergogno di me stesso. Ho mollato tutto. Non ho più nemmeno il coraggio di rivendicare le mie opinioni su Facebook. Mi sento umiliato. Nemmeno qui ho dei diritti". "Per noi basta scrivere qualcosa su Facebook, qui - riprende Maruf - e ci si trova taggati con le autorità per colpa di alcuni turchi, sostenitori del governo, che ci individuano e ci segnalano. Idem partecipando a manifestazioni per i diritti umani o contro la guerra. Se la Procura turca emanasse un provvedimento internazionale di arresto, in Italia sarebbe valido. O i vostri non ci consegnerebbero?".

Molti curdi che arrivano in Italia si stabiliscono tra Milano e Varese, ce ne sono 4-5 mila. Tanti sono anche in Veneto, tra Padova e Mestre, e poi a Lodi, Modena e Bologna. Trovano quasi tutti lavoro, perche' per un curdo lavorare è una religione. "Sono diversi però i curdi in Italia che denunciano questa realtà di intimidazione - spiega Milena Ruffini, avvocato di Busto Arsizio (Varese) esperta in diritto dell'immigrazione -. La difficoltà che incontrano i giuristi è quella di tutelare i diritti umani costituzionali senza entrare in conflitto con la legislazione turca. A maggior ragione il problema si pone quando ad essere inquisiti in Turchia per reati politici sono curdi diventati cittadini italiani e giudicati secondo la giurisdizione turca. E si complica ancor di più se i reati contestati sono stati commessi a mezzo social: in quel caso diventa controversa anche la competenza".

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