Lombardia

Pm Milano,jihadisti Isis accanto a noi

Redazione Ansa

Un'altra sentenza di condanna per partecipazione all'organizzazione terroristica dello Stato islamico è stata emessa a Milano, dopo il verdetto dei mesi scorsi, il primo in Italia con al centro foreign fighter dell'Isis, a carico, tra gli altri, di Marianna Sergio, sorella di Maria Giulia detta 'Fatima'. Oggi, infatti, sono stati inflitti 6 anni di carcere al tunisino Lassaad Briki e al pakistano Muhammad Waqas, arrestati lo scorso luglio e che, intercettati, parlavano di attentati da compiere in Italia e, in particolare, alla base Nato di Ghedi (Brescia).

Due presunti jihadisti 'della porta accanto', stando alla descrizione fornita nella sua requisitoria dal procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli, capo del pool antiterrorismo che ha coordinato le indagini - arrivate anche queste, come quelle su Marianna Sergio, in meno di un anno a sentenza - assieme al pm Enrico Pavone. I foreign fighter del Califfato, infatti, come ha spiegato l'aggiunto, spesso "sono persone inserite, coi documenti in regola, che vivono e lavorano accanto a noi", così come Briki e Waqas. Addetto alle pulizie in un'azienda il tunisino, 36 anni, e autista di una ditta di distribuzione alimentare il pakistano, 28 anni. Entrambi, secondo l'accusa, però, parte "dell'associazione terroristica più pericolosa e più sanguinaria al mondo", ha spiegato il pm Pavone, e "ancora più pericolosi perché perfettamente integrati". Sarebbero stati loro gli autori degli ormai famosi selfie di propaganda e minacce davanti al Duomo di Milano e al Colosseo di Roma. Fotografie, venute a galla sul web più di un anno fa, nelle quali comparivano cartelli con su scritto "siamo nelle vostre strade". In alcune intercettazioni dell'inchiesta, condotta dalla Digos e dalla Polizia postale, poi, Briki diceva di volere "entrare in una base militare in un Paese di miscredenti (...) una bella botta (...) se non ammazzo brucio un aereo". Tra l'altro, lui e Waqas avrebbero effettuato anche dei sopralluoghi attorno alla base militare di Ghedi e, in più, dopo gli arresti del 22 luglio scorso il quadro, hanno precisato i pm, si è addirittura aggravato perché gli investigatori sono riusciti a recuperare alcune chat che dimostrano che "l'Isis aveva preso in carico Briki e lo aspettava" in Siria. Waqas, invece, "ossessionato" dal voler colpire "dei carabinieri", avrebbe arruolato anche un giovane, ora irreperibile, proponendogli di andare nei territori del sedicente Stato islamico dove "loro ti danno la casa, 500 o 600 euro ma solo perché non sei ancora capace di uccidere".

I legali, gli avvocati Luca Crotti e Vittorio Platì, hanno cercato di sostenere che quelle intercettate erano soltanto "parole", "esaltazioni", "approfondimenti culturali", senza nemmeno "atti preparatori idonei a portare a compimento il programma criminoso". La Corte d'Assise di Milano, presieduta da Ilio Mannucci, ha accolto, invece, la richiesta di condanna a 6 anni dei pm, concedendo le attenuanti generiche per il comportamento processuale (i due hanno rinunciato a tutti i testi velocizzando il processo) e disponendo che a pena espiata i presunti terroristi vengano espulsi. "E' innocente, non ha fatto niente, perché sei anni di carcere?", ha detto in lacrime la sorella di Briki presente nell'aula bunker davanti al carcere di San Vittore. Oggi, tra l'altro, a Trento sono stati condannati a pene tra 4 e 6 anni anche quattro dei presunti jihadisti, tre curdi e un kosovaro, coinvolti nell'indagine sulla cellula di 'Rawti Shax' con base a Merano e arrestati lo scorso autunno.

Leggi l'articolo completo su ANSA.it