Lombardia

Bossetti: sono padre di famiglia, non killer

Udienza al tribunale del riesame di Brescia

Redazione Ansa

(dell'inviato Stefano Rottigni)

(ANSA) - BRESCIA, 10 MAR - ''Non ho mai visto quella ragazza, non sono un assassino, sono un padre di famiglia, non ho mai visto quella ragazza''. E' un Massimo Bossetti "sereno", secondo il suo avvocato Claudio Salvagni, quello che per la prima volta parla in un'aula, davanti ai giudici del Tribunale del Riesame di Brescia chiamati per la seconda volta, da ottobre, a pronunciarsi sulla richiesta di scarcerazione del muratore di Mapello, in carcere ormai dal 16 giugno scorso.

Parole che rivolge anche al pm Letizia Ruggeri che qualche giorno fa ha concluso le indagini nei suoi confronti per l'omicidio aggravato della tredicenne Yara Gambirasio: "Perché questo accanimento nei miei confronti da parte della Procura?", ed è a questo punto che il presidente del collegio, Michele Mocciola, la cui decisione dovrebbe intervenire in tempi brevi, lo ha invitato a rivolgersi ai giudici, non al pm.

La difesa del muratore ci prova quindi per la quinta volta a portarlo fuori dal carcere bergamasco di via Gleno; la richiesta è stata respinta due volte dal gip, una volta dal riesame e un'altra ancora dalla Cassazione. Il nodo da sciogliere, in quella che sembra sia stata un'udienza a forte tensione tra accusa e difesa, è stato ancora quello del Dna. Quello mitocondriale non porta a Bossetti e, in questo senso l'avvocato Salvagni intende far valere tutte quelle che definisce le "anomalie" riportate nelle varie consulenze: ha depositato quella del professor Giorgio Casari, dell'Istituto San Raffaele in cui è ipotizzato che la traccia analizzata fosse di sangue misto a sperma, mentre quella del Ris e del professor Carlo Previderè dell'Università di Pavia lo escludono, parlando solo di tracce ematiche che, nell'ipotesi dell'accusa Bossetti si sarebbe procurato ferendosi mentre aggrediva la ragazza nel campo di Chignolo d'Isola in cui fu trovato il corpo di Yara, esattamente tre mesi dopo la scomparsa che accadde il 26 novembre del 2010.

L'assenza del Dna mitocondriale di Bossetti e le presunte incongruenze nelle consulenze dovrebbero, per la difesa, far scattare quel favor rei che imporrebbe la scarcerazione, perché, per Salvagni, "nel Dna qualcosa non quadra". Il gip di Bergamo Ezia Maccora aveva già riposto che l'identificazione, in genetica forense, si compie analizzando i marcatori autosomici del Dna nucleare, gli unici in grado di restituire caratteristiche genetiche di un individuo specifiche" e che, appunto sulla scorta del Dna nucleare, "non vi é alcun dubbio circa la riconducibilita' del profilo genetico del soggetto definito 'Ignoto 1' all'indagato Massimo Giuseppe Bossetti".

Ci sono poi le ricerche, l'ultima del 29 maggio 2014, quindi pochi giorni prima dell'arresto, sul computer di Bossetti riguardanti "tredicenni" unite al termine "sessuale" che, per l'accusa, denotano una morbosa attenzione nei confronti delle minorenni da parte del muratore. Salvagni ha ribadito che si tratta di "pop-up", ovvero "finestre che si aprono in automatico e che mostrano la stringa di indirizzi di siti web che Bossetti non ha però mai aperto". La visione di siti pornografici con adulti, tra l'altro, era stata ammessa nei suoi vari interrogatori dallo stesso Bossetti. La speranza di tornare libero di Bossetti è quindi nuovamente affidata ai giudici di Brescia.. (ANSA).

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