Lombardia

Accusato di fomentare violenza su donne, Imam Segrate nega

Santanché 'provocazione scellerata', lui si dissocia da volume incriminato

Redazione Ansa

(di Gioia Giudici) (ANSA) - MILANO, 21 DIC - "Io il libro non l'ho letto tutto e ora che ne conosco il contenuto non lo condivido, l'ho portato in trasmissione per contribuire al dibattito perché parla dei diritti della donna nell'Islam": Ali Abu Swhaima, imam di Segrate, si difende così dalle accuse di "provocazione scellerata" mosse contro di lui da Daniela Santanché per aver esibito in un programma di Telelombardia un libro dal titolo 'La dignità della donna nell'Islam', scritto da Abdul Rahman Ibn Alsheiha, dove viene spiegato come picchiare le donne per "ristabilire la disciplina". Nel libro - come riportato oggi da il quotidiano 'Libero' - viene anche spiegato che le donne non possono né viaggiare da sole né lavorare in promiscuità, che la poligamia è legislazione divina e che il divorzio spetta all'uomo che ha l'ultima parola in materia coniugale. Tutte affermazioni da cui l'Imam di Segrate, raggiunto telefonicamente dall'ANSA, prende le distanze. "Il profeta ha detto che chi picchia una donna non è un buon musulmano, quindi - spiega Ali Abu Swhaima - chi picchia una donna va contro gli insegnamenti del Profeta". E per quanto riguarda il resto? "Il precetto che una donna non viaggi da sola non è per i giorni nostri: era pensato per le tribù che venivano nel deserto, per proteggere le donne dai predoni, ma oggi non ci sono questi pericoli per cui - afferma - io sono contro al divieto di guidare l'auto posto alle donne, anzi, se possono farlo rendono un miglior servizio a se stesse e alla loro famiglia". Sua moglie guida? "Lei no, ma non perché glielo impedisco io, è una sua scelta, mentre mia figlia - dice ancora l'Imam - guida e lavora in un ambiente misto, come tutti nella nostra società". Se in alcuni paesi per le donne è ancora vietato mettersi al volante "non è attribuibile all'Islam, ma - spiega il religioso giordano - alle loro tradizioni". E della poligamia cosa pensa? ""Noi viviamo in Italia, dove non è permesso, quindi per noi - sottolinea - la poligamia non è permessa". "Per noi le donne possono guidare, lavorare, fare politica" precisa l'Imam, spiegando che nel corso della trasmissione di Telelombardia, che aveva al centro il confronto tra donne musulmane e donne della Lega, "i toni sono sempre stati molto pacati e civili: io avevo portato questo libro perché ne avevo lette delle parti dove si parlava dei diritti acquisiti dalla donna con l'Islam e volevo che altri lo leggessero per contribuire alla discussione, ma non ho scritto io questo volume e quelle che vi sono espresse - ribadisce - non sono certo le mie idee". Quanto successo oggi, ad Ali Abu Swhaima ricorda il caso scoppiato nel 2006, quando fu accusato sempre da Daniela Santanchè, allora esponente di Alleanza Nazionale, di aver pronunciato una Fatwa nei suoi confronti dicendole "lei semina l'odio, è un'infedele". Un episodio citato oggi dalla stessa Santanché: "Ricordo - dice la parlamentare di Forza Italia - che l'imam di Segrate lanciò contro di me una fatwa "Santanchè bruci all'inferno", che lasciò molti indifferenti. Voglio vedere se oggi che da questo imam che prende di mira tutte le donne, sfida la cultura dell'Occidente e delle libertà dell'individuo anche la sinistra buonista e "tollerante" vorrà prendere le distanze o avvallerà per l'ennesima volta una subalternità inaccettabile". All'epoca, il Ministero dell'Interno aveva accolto la richiesta di scorta avanzata dalla Santanchè e l'imam aveva dichiarato di non aver emesso nessuna Fatwa. Ora Ali Abu Swhaima è intenzionato a "querelare che mi attribuisce parole che non sono mie, ma - ribadisce - scritte da qualcun altro".

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