Lombardia

Ebola, chirurgo e ostetrica in quarantena in Lombardia

Esposti al rischio per violazione protocolli, ora chiusi in casa

I due medici in Sierra Leone

Redazione Ansa

Due persone sono state rimpatriate, in Lombardia, perché sospettate di essere state esposte oltre il dovuto al contagio del virus Ebola durante una missione umanitaria in Africa. Lo riporta il Corriere della Sera che racconta le giornate dei due da quando sono rientrati in casa, sotto controllo sanitario, una sorta di quarantena a scopo precauzionale.

Sono un chirurgo sessantenne e un'ostetrica trentenne, che hanno lavorato da giugno alla settimana scorsa con l'associazione 'Cuamm medici con l'Africa' a Pujeun, in Sierra Leone, uno dei tre paesi più colpiti dall'epidemia. Durante il lavoro, per una violazione dei protocolli sanitari non imputabile a loro, sarebbero rimasti esposti al rischio. Per questo ora dovranno rimanere chiusi in casa fino ai primi di novembre.

Esperto Asl: rischio basso per due operatori lombardi - Per Paolo Setti Carraro e Chiara Maretti, un chirurgo e un'ostetrica rimpatriati in Lombardia dopo aver lavorato in Sierra Leone (zona a rischio Ebola) "sono state prese misure di precauzione, perché hanno un fattore di rischio in più di contagio, ma questo rischio è basso. Per questo è sufficiente che stiano in isolamento a casa, e non in ospedale". A dirlo all'ANSA è Giorgio Ciconali, direttore del Servizio igiene pubblica dell'Asl di Milano.

Per i due operatori sanitari la 'quarantena' di 21 giorni (la finestra di tempo nella quale si manifestano i sintomi di Ebola) terminerà tra il 5 e il 10 novembre: "Se fossero venuti a contatto diretto con malati o con fluidi infetti - conferma l'esperto - sarebbero stati messi in isolamento in una struttura ospedaliera; siccome i due hanno invece avuto contatti poco significativi con le fonti della malattia, quella che si sta adottando è solo un'ulteriore precauzione". Gli esperti dell'Asl stanno monitorando costantemente Setti Carraro e Maretti, sia per via telefonica sia chiedendo loro di misurare costantemente la febbre, almeno 2-3 volte al giorno. "Nella peggiore delle ipotesi, se si presentasse cioè febbre alta e almeno un altro sintomo tra forte mal di testa, diarrea o vomito, sarebbero immediatamente trasferiti in un reparto di malattie attrezzato. Ma, personalmente, nel loro caso - conclude Ciconali - mi sento piuttosto tranquillo".

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