Liguria

Se fate i bravi, docu su G8 di Genova, 'una ferita aperta'

A Giornate Autori film non fiction di Collizzolli con Gaglianone

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 09 SET - Un gruppo di amici con tanti ideali, che nel 2001 parte per il G8 di Genova e si ritrova in mezzo alla tragedia, riuscendo a scampare per buona parte alle manganellate e alle violenze; lo psicoterapeuta Evandro Fornasier, anche lui oltre 20 anni fa alle manifestazioni, dove è stato fra i ragazzi arrestati e picchiati a Bolzaneto, esperienza che racconta per la prima volta; l'allora capo ispettore del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e responsabile delle carceri provvisorie di Bolzaneto e san Giuliano, il magistrato antimafia Alfonso Sabella. Sono fra le voci di Se fate i bravi, il documentario di Stefano Collizzolli con Daniele Gaglianone che debutta alle Giornate degli Autori nella sezione Notti Veneziane.
    Il punto di partenza del racconto, che unisce piano personale e cronaca, sono le immagini girate da un altro regista, Andrea Segre, parte del gruppo di amici del quale faceva parte Collizzolli, anche narratore (insieme sono tra i cofondatori della Zalab, che coproduce e distribuisce il film, in sala a novembre). Seguiamo così il viaggio verso il G8, le manifestazioni, e il precipitare della situazione, tra la notizia della morte di Carlo Giuliani e le reazioni violente delle forze dell'Ordine. "Quello di Genova è un racconto interrotto, una ferita aperta, anche perché non c'è mai stata una commissione d'inchiesta, il Parlamento non se n'è occupato, quasi tutti i responsabili sono rimasti impuniti o le loro posizioni sono state archiviate" spiega Collizzolli (che ha anche scritto il documentario, con Gaglianone e Fabio Geda).
    L'autore è tornato su quei fatti, grazie alle immagini ritrovate "raccontando il percorso parallelo, mio e di Evandro.
    Io mi sono salvato, lui no. Noi all'epoca non ci conoscevamo, l'ho incontrato per il film quando cercavo consulenti e testimoni. Abbiamo realizzato che in quelle ore eravamo molto vicini. A quella carica coi lacrimogeni, c'erano tra noi non più di 15 metri di distanza". La storia di Evandro " si è imposta per la sua forza e verità. Abbiamo pensato che in un racconto tanto plurale, una storia individuale potesse essere più universale". (ANSA).
   

Leggi l'articolo completo su ANSA.it