Liguria

Ponte Genova, pm: 'Mai eseguiti lavori in 51 anni su pila 9'

Chiuse le indagini sul crollo. La Gdf sta notificando gli avvisi agli indagati. Procura: "Lavoro straordinario. Lo dovevamo alle vittime"

Redazione Ansa

La procura di Genova ha chiuso le indagini per il crollo del ponte Morandi, il viadotto autostradale della A10 collassato il 14 agosto 2018 causando la morte di 43 persone. In queste ore la guardia di finanza sta notificando gli avvisi agli indagati.

L'inchiesta è durata quasi tre anni nel corso dei quali sono stati fatti due incidenti probatori, uno sullo stato di salute del viadotto e un secondo sulle cause vere e proprie del crollo, che si è chiuso a fine febbraio.

I pubblici ministeri Massimo Terrile e Walter Cotugno, insieme all'aggiunto Paolo D'Ovidio, avevano indagato 71 persone più le due società Aspi e Spea (la controllata che si occupava della manutenzioni) tra ex vertici e tecnici delle aziende, ex e attuali dirigenti e tecnici del ministero delle Infrastrutture e del provveditorato.

In 51 anni, dall'inaugurazione nel 1967 al crollo, non è "mai stato eseguito il benché minimo intervento manutentivo di rinforzo sugli stralli della pila" 9. Lo scrivono i pm. Inoltre, "nei 36 anni e 8 mesi intercorsi tra il 1982 e il crollo, gli interventi di natura strutturale eseguiti sull'intero viadotto Polcevera avevano avuto un costo complessivo di 24.578.604 euro": il 98,01% stati spesi dal concessionario pubblico e l'1,99% dal concessionario privato. "La spesa media annua del concessionario pubblico era stata di 1.338.359 euro (3.665 al giorno), quella del concessionario privato di 26.149 euro (71 al giorno)".

Dalla tragedia sono nati altri filoni di indagine cha hanno fatto luce sul modus operandi del vecchio management dell'azienda improntato, secondo l'accusa, al massimo risparmio sulle manutenzioni per garantire maggiori dividendi ai soci.

La procura ha aperto fascicoli per i falsi report sullo stato di salute di altri viadotti, sulle barriere fonoassorbenti pericolose, fino alle gallerie dopo il crollo nella Bertè il 30 dicembre 2019.

In tutti i filoni di indagine sono coinvolti l'ex ad di Aspi Giovanni Castellucci, finito anche ai domiciliari poi tramutati in interdittiva per un anno, l'ex numero due Paolo Berti e l'ex numero tre Michele Donferri Mitelli. Grazie alle indagini e al cambio dei vertici era partito un piano di controlli e investimenti sulle infrastrutture liguri, che l'estate scorsa ha portato enormi disagi sulla viabilità autostradale.

Già nel 1990 e nel 1991 Autostrade Spa sapeva che nella pila 9, quella crollata il 14 agosto 2018, vi erano "due trefoli lenti e due cavi scoperti su quattro". E' quanto emerge dall'avviso di conclusioni indagini che gli investigatori del primo gruppo della guardia di finanza sta notificando in queste ore ai 69 indagati più le due società Aspi e Spea. Le accuse sono di attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo colposo, omicidio colposo e omicidio stradale e rimozione dolosa di dispositivi per la sicurezza dei posti di lavoro.

"Le indagini diagnostiche - si legge nel documento - degli anni 1990 (19-29 novembre) e 1991 (12-13 giugno) sugli stralli della pila 9, pur eseguite in modi parziali e inadeguati, avevano individuato, sull'unico strallo a mare lato Savona esaminato, 2 trefoli "lenti" e del tutto privi di iniezione, e, sull'unico strallo lato Genova lato monte esaminato, 2 cavi scoperti su 4, privi di guaina perché completamente ossidata, privi di iniezione perché asportata dal degrado originato dalle infiltrazioni dell'acqua meteorica e, soprattutto, alcuni trefoli rotti, con pochi fili per trefolo ancora tesati".

La pila 9 del ponte Morandi venne controllata da vicino, dal 1991 al giorno del crollo, soltanto nell'ottobre 2015. Lo scrivono i pm nell'avviso di conclusioni indagini notificati per il crollo del viadotto autostradale. Quei controlli, scrivono i magistrati, vennero fatti "sui soli stralli lato mare e soltanto in orario notturno; la conseguente relazione evidenziava chiarissimi segnali d'allarme sulle condizioni degli stralli, accertando che tutti i trefoli che era stato possibile esaminare tramite i carotaggi risultavano 'scarsamente tesati' e 'si muovevano con facilità facendo leva con uno scalpello'". Inoltre Spea svolgeva tali attività di sorveglianza e di ispezione - nella piena consapevolezza e piena accettazione della società - con modalità non conformi alla normativa vigente e, comunque, lacunose, inidonee e inadeguate in relazione alle specificità del viadotto Polcevera; in particolare, le ispezioni visive degli stralli venivano sistematicamente eseguite dal basso, mediante binocoli o cannocchiali, anziché essere ravvicinate "a distanza di braccio" e non erano pertanto in grado di fornire alcuna informazione affidabile sulle condizioni dell'opera. Spea, essendo controllata di Aspi, era "inevitabilmente condizionata, nello svolgimento delle sue attività, da quel rapporto di dipendenza societaria, economica e contrattuale, tanto da attenuare e ammorbidire sistematicamente i contenuti delle proprie relazioni in modo da renderle gradite alla committente, sottovalutando la rilevanza dei difetti e delle criticità accertate".

"Non è stato perso nemmeno un giorno senza lavorare a questa indagine. La complessità della vicenda, due incidenti probatori, hanno portato a questi tempi". Lo ha detto il procuratore di Genova Francesco Cozzi dopo la chiusura delle indagini sul crollo del Morandi. "È stato un lavoro straordinario - ha detto -. Questo è un passaggio importante ma è il punto di vista della procura, dello Stato. Ora si apre una fase in cui le difese spiegheranno le proprie ragioni". "Come servitore dello Stato - ha detto Cozzi - sono onorato ad avere coordinato questa indagine. Lo dovevamo alle vittime e per tutelare interessi pubblici e privati".

"Le informazioni contenute nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari confermano quelle che da tempo sono le nostre sensazioni, ovvero che la situazione delle manutenzioni fosse vergognosa, purtroppo non c'è nulla di nuovo sotto il sole, però adesso bisogna guardare al processo e per noi sarebbe fondamentale, una volta tanto, che non si confermassero i tempi tutti italiani della giustizia". A parlare nel giorno della chiusura delle indagini sul crollo del Morandi è Egle Possetti, presidente del Comitato Vittime del Morandi, che aggiunge: "Le imputazioni sono estremamente pesanti, saranno lunghi i tempi di prescrizione".

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