Lazio

Nel mondo dell'icona Fela Kuti con Avantario e Vicari

In sala dal 21 marzo, il documentario Fela, il mio dio vivente

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 18 MAR - Realizzare un film su Fela Kuti, icona dell'afrobeat, artista rivoluzionario, attivista contro corruzione e abusi dei governi militari nigeriani, sostenitore del panafricanismo, capo spirituale e guida della comune di Kalakuta a Lagos. È stato il sogno irrealizzato che ha occupato 15 anni di vita del cineasta italiano Michele Avantario (morto prematuramente nel 2003), sperimentatore e video artista, diventato amico personale del grande musicista nigeriano, scomparso nel 1997. Un viaggio artistico e intimo su cui Avantario ha lasciato un video diario, che prende forma nel documentario Fela, il mio dio vivente, in arrivo nelle sale italiane il 21 marzo con Luce Cinecittà. Il percorso di vita, raccontato in prima persona di Avantario, e la svolta vissuta grazie all'incontro con Fela Kuti (a Roma, a metà degli anni '80), rivive attraverso la voce di Claudio Santamaria. Vicari ha potuto conoscere lo straordinario materiale (sia video che fotografico, per oltre 20 ore di girato) lasciato dal filmmaker, grazie alla vedova del cineasta, Renata Di Leone, produttrice con Giovanni Capalbo del film attraverso Fabrique e insieme a Luce Cinecittà con Rai Cinema.
    "Eravamo partiti dall'idea di realizzare un film su Fela Kuti - spiega Vicari all'ANSA - ma vedendo le immagini di Michele mi ha incuriosito il suo modo di riprendere la Nigeria e Lagos. Ho capito che non voleva fare tanto un film su Fela Kuti quanto documentare la propria esperienza, utilizzando il video come una forma di esplorazione. Ci fa un regalo pazzesco, perché si immerge in quella realtà senza alcun senso di superiorità, senza nessuna dialettica terzomondista, ma sul piano di un essere umano che va incontro a un altro, che incontra un mondo e ne viene attraversato. Si fa conquistare dalla musica e dalla personalità di Fela Kuti, dal suo modo di concepire i sentimenti, di comunicare i pensieri".
    L'idea di questo documentario (che ha debuttato alla Festa del Cinema di Roma) "è nata da me perché ho voluto onorare e ricordare mio marito Michele Avantario - spiega Renata Di Leone -. Il mio è un gesto d'amore verso Michele perché volevo riprendere il suo cammino e portare avanti il suo sogno".
    (ANSA).
   

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