Lazio

In carcere due ispettori Entrate Roma

Accusa tentata concussione, denaro in cambio riduzione sanzioni

Redazione Ansa

Tre ordinanze di custodia cautelare, due in carcere e una ai domiciliari, sono state eseguite oggi dalla Guardia di Finanza di Roma nei confronti di due ispettori dell'agenzia delle Entrate e di un cugino di uno di questi. Sono accusati di tentata concussione in relazione a promesse di riduzioni di sanzioni in cambio di denaro.

I provvedimenti, emessi dal gip Simonetta D'Alessandro su richiesta del pm Mario Palazzi, sono stati notificati agli ispettori Giuseppe Costantini, già destinatario di un analogo provvedimento il 29 luglio scorso, e Alberto Mario Gloria. Ad entrambi, finiti a Regina Coeli, si contestano due tentativi di concussione. Gli arresti domiciliari sono stati disposti per Antonio Beltri, cugino di Costantini, ritenuto un intermediario. L'operazione è stata resa possibile anche grazie alla collaborazione della Direzione Generale del Lazio dell'Agenzia delle Entrate.

L'indagine che ha portato in carcere i due ispettori è il prosieguo di quella che già a luglio scorso aveva consentito al Gip di emettere un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti dello stesso Costantini e di un altro funzionario dell'Agenzia delle Entrate. Anche in quel caso a denunciare l'episodio fu un ristoratore al quale i funzionari pubblici avevano rivolto un'analoga richiesta di denaro per sistemare le verifiche fiscali. "Le indagini successive - scrive il Gip nel provvedimento di arresto per Costantini e Gloria - hanno confermato quanto emergeva dai primi accertamenti e cioè come, tenuto conto delle peculiari modalità dell'agire concussivo, quell'episodio rappresentasse solo la 'punta di un iceberg' di una più diffusa condotta infedele da parte di funzionari appartenenti all'Agenzia dell'Entrate".

Secondo le indagini, Costantini e Gloria avrebbero chiesto il denaro un ristoratore romano. I due si sono presentati per un controllo fiscale e, dopo i primi accertamenti, hanno sostenuto che sulla base dei loro calcoli stavano emergendo maggiori ricavi non dichiarati per un milione. Quando il commerciante ha sottolineato che ciò era impossibile, scrive il Gip, "Gloria faceva presente che sarebbe stato possibile abbattere il rilievo, e anche escluderlo", qualora il ristoratore "avesse corrisposto loro una somma di 25mila euro, successivamente lievitata a 50mila" perché, "a detta del Gloria, doveva essere successivamente divisa in ufficio con altre persone". L'altro episodio contestato a Costantini chiama in causa suo cugino Antonio Beltri, agli arresti domiciliari. Secondo l'accusa avrebbe fatto da intermediario tra il funzionario pubblico e l'ennesimo ristoratore ricattato, al quale sarebbero stati chiesti 100mila euro per "ammorbidire il verbale", poi ridotti ad 80mila da pagarsi 50mila subito e il resto successivamente. "Si tratta di delitti sintomatici di una fortissima determinazione a delinquere - afferma il Gip - Ossia, pur di riuscire nell'intento predatorio, gli indagati pubblici ufficiali", che "non hanno esitato a ricorrere a forme di violenza morale", hanno "posto in essere una quantità seriale di falsi e di truffe che forniscono il riscontro di una modalità operativa e creano la complessiva credibilità dell'insieme e della volontà acquisitrice". E questa "seriale realizzazione di reati collaterali" significa nient'altro che una "inequivocabile spregiudicatezza e sicura indifferenza alle conseguenze del proprio agire". Lo testimonia un'intercettazione citata nell'ordinanza in cui Gloria parla con il ristoratore che avrebbe dovuto pagare la tangente di 50mila euro. "Io mi sto comportando correttamente - dice - ...nel senso che ti potevo dire 'chi se ne frega ciao'...ho preso più tempo possibile...". E poi aggiunge: "a me chi mi frega più di tutti è la mia amministrazione...a me chi mi ruba sono loro...perciò parto da un altro presupposto, tutto quello che vedi in più...è tutto...mi riprendo solamente una particella di quello che non mi danno loro". Affermazioni che, scrive il pm nella richiesta d'arresto, manifestano "l'incredibile spregiudicatezza del funzionario e l'ostentata infedeltà nei confronti dello Stato che in quel momento egli rappresenta".

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