Friuli Venezia Giulia

Sindaco Trieste, omicidio di Alpi e Hrovatin ancora senza verità

Figlio dell'operatore, mio padre raccontò dignità degli afflitti

Redazione Ansa

(ANSA) - TRIESTE, 20 MAR - "Miran Hrovatin era andato in Somalia come operatore del Tg3 assieme alla collega giornalista Ilaria Alpi per documentare una guerra civile crudele. Una volta là, avevano cominciato a indagare su traffico di armi e rifiuti tossici. Furono eliminati da un commando. Trent'anni dopo, quell'omicidio ufficialmente è tuttora senza colpevoli, senza verità". Lo ha detto il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, commemorando, durante una cerimonia in municipio, Miran Hrovatin, "nostro concittadino, brutalmente assassinato a Mogadiscio assieme ad Ilaria Alpi il 20 marzo 1994".
    "Oggi - ha aggiunto il sindaco - il mondo è nuovamente funestato dalle guerre, in Ucraina, in Medio Oriente e non solo: ci sono decine di conflitti in corso, di cui si sente parlare meno, e di cui sappiamo l'esistenza proprio grazie a reporter coraggiosi come Miran e Ilaria. Il 31 dicembre la Federazione internazionale dei giornalisti ha pubblicato la lista di giornalisti e operatori dei media uccisi nel 2023 in tutti i continenti: sono 120, mentre più di 500 sono prigionieri. Ogni vittima ha la stessa dignità, ma risulta particolarmente odioso quando viene colpito un professionista dell'informazione che fa onestamente il suo lavoro, perché è come se si volesse colpire ogni cittadino nel suo diritto a conoscere ed esprimere la verità".
    Alla cerimonia hanno partecipato, tra gli altri, anche il figlio di Hrovatin, Ian, e la moglie, Patrizia. "Il nome di Miran Hrovatin - ha detto Ian - viene quasi sempre associato a verbi al passivo, quasi come se fosse un oggetto invece che un soggetto, quasi come se la morte fosse nel suo destino, un'eventualità o un danno collaterale della ricerca della verità, questo però non potrebbe essere più lontano dalla realtà. Anche nel mezzo del frastuono dei mortai, delle granante, nella nebbia di Sarajevo o sotto il sole cocente a Mogadiscio, mio padre ha rincorso e raccontato non la morte, bensì la vita e la dignità degli afflitti, la forza d'animo dei rifugiati, una famiglia che cerca riparo dai proiettili, sempre attraverso lo specchio della sua telecamera, riflesso della sua stessa umanità". (ANSA).
   

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