(ANSA) - ROMA, 20 MAR - A un anno dall'entrata in vigore
dell'accordo Ue-Turchia, il Consiglio Italiano per i Rifugiati
(Cir) ribadisce le critiche nei confronti del negoziato, che si
basa sul riconoscimento della Turchia come "Paese terzo sicuro"
o come "Paese di primo asilo". Uno Stato che mantiene tuttora la
limitazione geografica alla Convenzione di Ginevra, escludendo
siriani, iracheni, afgani dal riconoscimento dello status di
rifugiato e che non può essere considerato un "Paese terzo
sicuro" dove rinviare persone bisognose di protezione
internazionale. A 12 mesi dalla sua entrata in vigore, sono
migliaia gli uomini, donne e bambini bloccati in zone non sicure
al di fuori dell'Europa, costretti a rotte sempre più pericolose
per raggiungere il continente o intrappolati sulle isole greche.
Secondo le autorità elleniche, sono ancora 14.371 le persone
bloccate negli hotspot, costrette a vivere in condizioni
disumane. A ciò si aggiungono le denunce delle principali ong
sugli abusi ai quali sono esposti i profughi bloccati in un
limbo burocratico, dove le domande dei richiedenti d'asilo e i
diritti umani vengono trascurati.
"Misure così restrittive - dice il presidente del Cir,
Roberto Zaccaria - non impediscono alle persone in fuga di
intraprendere il viaggio, ma lo rendono più difficile e di fatto
ancor più insicuro. Nonostante la Commissione Ue tracci un
bilancio positivo dell'accordo per la diminuzione degli arrivi
sulle coste greche, nei primi mesi del 2017 sono stati più di
500 i morti nel Mediterraneo centrale. Solo il pieno rispetto
del diritto d'asilo, l'apertura di vie legali e sicure come
reinsediamenti, ricollocamenti, visti umanitari e
ricongiungimento familiare, così come i visti per motivi di
lavoro o di studio, rappresentano l'unica soluzione praticabile
per porre fine alle morti e alle sofferenze ai confini
dell'Europa, sia in terra sia in mare". (ANSA).
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