(ANSA) - BRUXELLES, 26 OTT - Era una giornata piuttosto uggiosa
a Roma quando il 29 ottobre 2004, nella sala degli Orazi e dei
Curiazi al Campidoglio, venne firmata la Costituzione europea.
Un testo che, al di fuori della carta, non vide in realtà mai la
luce, seppellito dopo poco più di sei mesi dal 'non' francese e
dal 'nee' olandese dei referendum popolari. Dieci anni e due
Commissioni Barroso dopo, con un allargamento non ancora
assorbito sino in fondo e la crisi economica più devastante
della sua storia contemporanea che ha riaperto le porte ai
populismi, l'Europa si trova di fronte alla sua ultima chance. E
affida il suo riscatto, cercando quel salto di qualità da entità
economica a una vera e propria costruzione socio-politica, al
mandato della nuova Commissione Ue guidata da Jean-Claude
Juncker. "Sarà quella dell'ultima opportunità" per l'Ue, ha
riconosciuto, o piuttosto avvertito, lo stesso ex premier
lussemburghese e unico sopravvissuto a Maastricht e anche a
quello che si rivelò il fallimento della firma di Roma: "O
riusciamo a riavvicinare i cittadini o sarà un fiasco totale".
Lungo e difficoltoso era già stato il cammino per arrivare al
Campidoglio, quando sotto la regia degli allora presidente della
Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e premier Silvio Berlusconi,
tutti i leader Ue giunsero a Roma per quella che sembrava la
nuova svolta epocale del sogno europeo, dopo i Trattati di Roma
del 1957 che sancirono la nascita della Comunità economica
europea. Era infatti dalla Conferenza intergovernativa di Nizza
del 2000 che i paesi europei cercavano un'intesa per riunire da
una parte tutto il corpus legislativo europeo e dall'altro
dotare l'Europa di una marcia in più, rendendola finalmente
un'entità coerente al suo interno e più potente per far sentire
la sua voce sulla scena mondiale. I lavori furono lunghi e
complessi, e dovettero passare dalla convocazione della
Convenzione europea nel febbraio 2002, guidata dall'ex
presidente francese Valéry Giscard d'Estaing con Giuliano Amato
e il belga Jean-Luc Dehaene alla vicepresidenza, attraverso tre
presidenze Ue, tra cui l'italiana sotto premierato di
Berlusconi. Allora erano capi di stato e di governo Chirac per
la Francia, Schroeder per la Germania, Blair per la Gran
Bretagna e per la Spagna Zapatero, che aveva da poco raccolto il
testimone da Aznar. Barroso stava per iniziare il suo primo
mandato alla Commissione e Prodi stava concludendo il suo. La
crisi non aveva ancora colpito ma il malessere nei confronti
dell'Europa stava già montando. Il voto negativo dei francesi e
degli olandesi, due dei paesi fondatori dell'Ue, alla
costituzione europea arrivò come una doccia fredda a metà 2005.
La sfida lanciata allora dal messaggio dei cittadini - non siamo
contro l'Europa ma non vogliamo 'questa' Europa - non è ancora
stata raccolta oggi, come hanno dimostrato le elezioni europee
di maggio in cui quasi un terzo dei voti è andato a partiti
euroscettici o populisti. Allo spettro dell' 'idraulico polacco'
con l'allargamento a Est a 10 paesi nel 2004, poi Bulgaria e
Romania nel 2007 e Croazia nel 2013, nel 2008 si è aggiunta la
crisi. Entrato in vigore il Trattato di Lisbona a fine 2009, la
versione 'light' dell'abortita costituzione europea ha fatto i
suoi primi passi proprio nel bel mezzo della tempesta economica,
sociale e politica peggiore dal 1929. La figura del presidente
stabile dell'Ue e dell'Alto rappresentante per la politica
estera, i poteri rafforzati dell'Europarlamento e nuove
competenze comunitarie sono finiti appiattiti sulle misure
economiche 'lacrime e sangue' imposte ai Paesi. "Voglio
un'Europa più sociale e vicina ai cittadini", ha promesso
Juncker. Resta però un trauma il ricordo di quel 29 ottobre 2004
e l'idea di riaprire il vaso di Pandora dei Trattati Ue.(ANSA)
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10 anni dopo Costituzione abortita,ultima chance Ue
Indebolita da allargamento e crisi, con Juncker attende riscatto