(ANSA) - BRUXELLES, 29 APR - L'industria europea del solare
riapre ufficialmente la 'guerra dei pannelli' con la Cina. Le
industrie cinesi sono accusate di fare largo uso di pratiche
illegali, per aggirare i dazi sull'import cinese e il prezzo
minimo concordato con l'Ue (56 centesimi a watt) dei pannelli
solari per evitare il 'dumping', cioè la vendita a prezzi molto
inferiori rispetto al loro valore commerciale.
"Un terzo dei prodotti cinesi importati aggira le misure
spacciandosi per 'made in Taiwan' o 'made in Malesia', mentre un
altro terzo rispetta il prezzo minimo stabilito solo sulla
carta" è la denuncia fatta oggi a Bruxelles da EU ProSun,
organizzazione che rappresenta l'80% della produzione di
pannelli 'made in Europe'. La stima del danno per gli europei
secondo EU ProSun nel primo caso è di circa un miliardo di
mancati pagamenti di dazi e nel secondo di 500 milioni di euro
rispetto alla tariffa concordata.
In termini di impatto sul mercato europeo "non si tratta di
noccioline, ma di volumi enormi" attacca Milan Nitzsche,
presidente di Eu ProSun e portavoce della tedesca SolarWorld, la
società che ha ufficialmente richiesto un'indagine formale per
"elusione fraudolenta" sull'import da Taiwan e Malesia alla
Commissione europea, che deciderà entro maggio.
"In genere quando vengono avviate le indagini le frodi
terminano, ed è quello che vogliamo" ha detto il presidente di
Eu ProSun. Sulle tariffe 'fasulle' "indagano le dogane di almeno
sette Paesi membri, probabilmente anche in Italia" riferisce
Nitzsche, che considerando la quota del mercato italiano al 10%
di quello Ue, stima il danno in circa 50 milioni di euro. (ANSA)
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Ue-Cina: industria europea riapre guerra pannelli solari
Richiesta indagine, prodotti spacciati made in Taiwan o Malesia