(ANSA) - BRUXELLES, 9 MAR - Lotta contro il tempo della
comunità scientifica internazionale per salvare il Mediterraneo
dall'invasione di centinaia di nuove specie marine tropicali. Il
raddoppio del principale corridoio d'ingresso, il Canale di
Suez, sarà concluso a breve, ma una valutazione d'impatto
ambientale di questa maxi-opera sull'intero bacino ancora non
c'è.
"Quello che chiediamo è una valutazione d'impatto ambientale
trasparente e solida a livello scientifico, seguita da
un'analisi del rischio e da misure di controllo e mitigazione"
spiega Bella Galil, dell'Istituto oceanografico israeliano,
promotrice della lettera-appello di oltre 450 scienziati da 39
Paesi. "Fra loro - racconta Galil - ci sono almeno un centinaio
di italiani, da Trieste a Palermo", tutti al corrente della
potenziale bomba ecologica in arrivo. "Non siamo contrari ai
lavori di allargamento del canale, ma il Mediterraneo è un mare
di cui bisogna prendersi cura" riferisce l'esperta, secondo cui
un'analisi seria d'impatto ambientale "necessita di un periodo
fra i sei e i dodici mesi" e qui si parla di una valutazione
che dovrebbe riunire i dati di tutti i Paesi dell'area.
Tempi lunghi insomma, rispetto alle rassicurazioni
provenienti dal Cairo. "L'Egitto ha informato la Commissione
europea che la valutazione è in corso e dovrebbe essere pronta
entro maggio, con una prima analisi già a marzo" riferisce
Enrico Brivio, portavoce del commissario europeo all'ambiente e
agli affari marittimi, Karmenu Vella. Bruxelles, in allerta
sulla questione, è in contatto costante con Il Cairo e ha
offerto "ampia assistenza tecnica" alle autorità egiziane. Altre
fonti confermano che una valutazione degli egiziani è in corso,
ma "fino al mese scorso non includeva il problema delle specie
invasive".
Certo è che un recente seminario nella capitale egiziana,
stando ad informazioni ufficiali, ha affrontato la necessità di
nuovi studi e argomentato che le specie nocive che hanno invaso
il Mediterraneo, come il pesce palla argenteo che è letale,
"sono molto poche" rispetto a quelle che invece rappresentano un
introito economico, come sgombro e barracuda. In compenso i
ricercatori hanno presentanto un piano di controllo e di
ricognizione di possibili soluzioni per minimizzare il numero di
pesci 'migranti' e l'istituto oceanografico nazionale un suo
piano di monitoraggio, un segnale che l'Egitto sta cominciando
ad aprire il vaso di Pandora.
Intanto gli ultimi dell'Agenzia europea dell'ambiente in
partnership con Hellenic Centre for Marine Research (HCMR)
confermano che il Canale di Suez è la principale fonte delle
specie 'non indigene' per il Mediterraneo, specie dagli anni
'90, a seguito della sua espansione. Considerando tutti i mari
europei, la stima di specie marine 'straniere' ormai è arrivata
a quota 1416. Solo lungo le coste israeliane (appena 180
chilometri), quelle registrate, spesso per la prima volta nel
Mediterraneo, sono state 355, di cui 94 dopo il 2000. (ANSA)
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Specie invasive, 455 scienziati lanciano allarme Suez
Chiedono valutazione impatto seria; Bruxelles, Cairo rassicura