(ANSA) - BRUXELLES, 6 OTT - E' giusto che la Gran Bretagna
neghi l'accesso ad alcune prestazioni sociali, come gli assegni
familiari, ai cittadini europei che non hanno il diritto di
soggiorno, come le persone senza un lavoro o un reddito proprio.
E' la conclusione a cui giunge l'avvocato generale della Corte
Ue, che propone a Lussemburgo di respingere il ricorso
presentato dalla Commissione Ue dopo le denunce di diversi
espatriati.
"La necessità di tutelare le finanze dello Stato membro
ospitante", afferma l'avvocato generale Pedro Cruz Villalon,
"giustifica il controllo, nella procedura di concessione di
determinate prestazioni sociali, della regolarità del soggiorno
dei richiedenti in detto Stato conformemente al diritto
dell'Unione".
La legislazione britannica, oltre alla residenza abituale sul
territorio nazionale, richiede infatti un ulteriore esame nel
merito da parte dell'amministrazione per stabilire il diritto ad
alcuni benefit sociali come gli assegni familiari per i figli a
carico. Si tratta sostanzialmente si valutare se chi ne fa
richiesta abbia un lavoro o comunque un reddito adeguato.
La Commissione "ritiene che siffatto requisito sia
discriminatorio e contrario allo spirito" delle regole Ue, il
quale prende in considerazione unicamente la residenza abituale
del richiedente. Il Regno Unito, invece, sostiene che il suo
sistema nazionale non è discriminatorio e che, in ogni caso, il
requisito del diritto di soggiorno è una "misura proporzionata
al fine di garantire che le prestazioni siano erogate a persone
sufficientemente integrate" nel Paese.
L'avvocato generale dà quindi ragione a Londra, in quanto
ritiene che di per sé "la normativa del Regno Unito non impone
un requisito supplementare a quello della residenza abituale,
trattandosi invece di esaminare la regolarità del soggiorno
quale risulta dal diritto dell'Unione nel contesto della
concessione di determinate prestazioni sociali". E questo
diritto è "soggetto alle limitazioni e condizioni previste" già
dalla direttiva Ue 2004/38, che prevede il pieno diritto alla
libertà di circolazione se la persona ha un lavoro dipendente o
indipendente, studia, è autosufficiente economicamente o è
pensionato.
L'avvocato generale, quindi, "riconosce che sussiste una
differenza di trattamento fra i cittadini britannici e i
cittadini dell'Unione non britannici, giacché questi ultimi
(soprattutto quelli economicamente inattivi) dovranno sopportare
in misura maggiore l'inconveniente di sottoporsi alla procedura
di verifica della regolarità del loro soggiorno da parte delle
autorità britanniche". Tuttavia questa "risulta giustificata
dalla necessità di tutelare le finanze dello Stato membro
ospitante, come fatto valere dal Regno Unito", e quindi
"costituisce il mezzo a disposizione dello Stato membro
ospitante per non concedere le prestazioni sociali in parola a
persone alle quali non è tenuto a concederle, poiché non
soddisfano i requisiti di soggiorno regolare". (ANSA).
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Welfare: avvocato Corte Ue, Gb può negare prestazioni
Anche a cittadini europei residenti ma che non lavorano