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L'Europa al bivio, tra cambiamento e declino

Reagire ai segnali che arrivano da Spagna, Grecia e Polonia

Il leader di Podemos, Pablo Iglesias

Redazione Ansa

ROMA - Per l'Europa è il momento di scegliere. Tra un cambiamento di marcia netto e convinto o un inevitabile progressivo declino. Tra un rinnovato slancio di una visione comune europea o un lento regredire nell'anonimato. Questo è il bivio di fronte al quale si trova l'Ue e non ha molto tempo per decidere. I segnali arrivano chiarissimi. Dalla Spagna, dalla Grecia e dalla Polonia, solo per ricordare quelli delle ultime ore. La protesta di Podemos scardina il vecchio sistema bipartitico a Madrid, un presidente euroscettico guiderà le mosse di Varsavia, la Grecia annuncia di fatto il default per le prossime settimane nella sua estenuante resa dei conti con il Fmi e la Bce.

 

C'è un filo conduttore evidente in queste situazioni ed è la stanchezza di molti cittadini europei, la loro lontananza dalle istituzioni di Bruxelles e Francoforte. E l'enorme difficoltà di queste ultime a capire e a farsi capire. Mentre il mondo cambia velocemente e gli equilibri geopolitici si trasformano, i leader europei paiono sempre più lenti nel cogliere i cambiamenti e sempre più incapaci di raccogliere le sfide del nuovo millennio. A partire naturalmente dalla direzione da dare alla marcia europea ancora incompiuta e balbettante. In mezzo al guado della sua costruzione, l'Ue dovrebbe accelerare verso la chiusura del cerchio. Invece arretra e tentenna in una situazione in cui la sfiducia reciproca impedisce reali progressi in tutti i dossier.

 

I nodi da sciogliere sono chiari. Per quanto riguarda la Grecia dopo mesi si braccio di ferro le posizioni sono sostanzialmente invariate. Da un lato Alexis Tsipras ritiene, con alcune ragioni, che la società ellenica non sia in grado di reggere altri colpi dell'austerità, ma dimentica gli errori gravi e le colpe dei precedenti governi di Atene. Dall'altro, l'Europa rivendica, con altrettante ragioni, il rispetto delle regole ma dimentica che queste regole non hanno funzionato molto bene e, soprattutto, che ridurre il negoziato ai meri temi economici è un errore di visione molto grave. Può l'Europa permettersi che uno Stato esca dall'Euro, uno Stato che tra l'altro è la culla della sua civiltà e democrazia? Quale Europa politica sarà possibile costruire dopo? Quale ruolo potrà avere l'Ue in un mondo in cui già fatica a farsi riconoscere come singola entità e in cui, ai propri confini, si moltiplicano le guerre, crescono le migrazioni di massa ed esplode il terrorismo dell'Isis? Allo stesso modo, può davvero sorprendere l'avanzata di Podemos? Perchè se è vero che i dati della macroeconomia spagnola sono incoraggianti, è anche vero che la crescita economica ancora non riesce a incidere in modo concreto sulla vita dei cittadini.

 

La disoccupazione, soprattutto quella giovanile, rimane a livelli inaccettabili. E questo è il punto comune a tutti i Paesi dell'Ue e, allargando l' orizzonte, anche di molti altri Paesi industrializzati: la crescita senza occupazione con lo spettro della stagnazione globale evocato da più di un economista. Ripensare in tempi veloci e modi concreti la propria dottrina economica, con immissioni ulteriori di flessibilità e investimenti, deve essere quindi la priorità dei leader europei che troppo solo hanno lasciato Mario Draghi e la Bce in questa strada. E' una condizione necessaria, anche se non sufficiente, per recuperare la fiducia dei cittadini e frenare la deriva dell'euroscetticismo che segna un nuovo punto con la vittoria a Varsavia di Andrzej Duda, il giovane candidato nazionalista ultraconservatore ed euroscettico che ha vinto il ballottaggio per le presidenziali con il capo di stato uscente, Bronislaw Komorowski. In tutto questo, può forse aiutare la vittoria in Irlanda del sì ai matrimoni gay. E' da molti considerata una vittoria dei principi e dei valori di uguaglianza e libertà. Di valori e principi si parla molto poco nell' Europa dei nostri tempi. La festa colorata di Dublino può aiutare molti leader europei a svegliarsi dal loro torpore.

 

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