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Corte Strasburgo, respinto ricorso malata contro Ilva

Non ha dimostrato leucemia provocata da emissioni a Taranto

Veduta esterna dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto, in una immagine di archivio

Redazione Ansa

STRASBURGO - La Corte europea dei diritti umani ha dichiarato inammissibile il ricorso contro l'Ilva. Secondo i giudici la ricorrente, una donna di Taranto, non ha dimostrato che sono state le emissioni dell'Ilva a causare la sua leucemia. La Corte ha stabilito che i tribunali italiani hanno agito correttamente non dando seguito alla sua denuncia.

 

Il ricorso rigettato dalla Corte dei diritti dell'uomo è quello presentato nel 2009 da Giuseppina Smaltini, una cittadina di Taranto, contro il governo italiano. La donna sosteneva di non essere stata protetta dalle conseguenze sulla sua salute derivanti dalle emissioni dell'Ilva. La malattia l'ha uccisa nel 2012. La Smaltini aveva scoperto di essere affetta da leucemia nel 2006 e aveva denunciato l'acciaieria, sostenendo che vi era un nesso di causa ed effetto tra le emissioni e la sua malattia.

 

Ma per ben due volte i tribunali italiani hanno archiviato il procedimento. Ed è esattamente contro l'archiviazione che la signora Smaltini aveva fatto ricorso a Strasburgo, sostenendo che la decisione ha violato il diritto al rispetto della vita, perché i tribunali non avevano riconosciuto il nesso esistente tra le emissioni dell'Ilva e la sua malattia. Ma i giudici di Strasburgo hanno di fatto dato ragione ai tribunali sostenendo che la signora Smaltini "non è riuscita a dimostrare che le prove scientifiche acquisite dai tribunali per decidere del suo caso provassero il nesso" e quindi i magistrati italiani con le loro decisioni non hanno violato l'obbligo di proteggere il suo diritto alla vita.

 

TRIBUNALE TARANTO ARCHIVIÒ - Il caso esaminato dalla Corte europea dei diritti umani, che oggi ha respinto il ricorso presentato dai familiari di Giuseppina Smaltini, la donna di Taranto morta il 21 dicembre 2012 per una meningite che non poteva essere curata a causa della leucemia contratta dalla donna, secondo lei dovuta alle emissioni rilasciate dall'Ilva, era stato portato per due volte all'attenzione della procura di Taranto. Le inchieste furono archiviate in quanto i magistrati ritennero insufficienti le prove di un nesso tra emissioni e malattia.

 

La Corte europea dei diritti umani ha così stabilito che il tribunale di Taranto agì correttamente non dando seguito alla denuncia della donna, che risale al 2009. Dopo la sua morte, il marito e i figli avevano ottenuto dalla Corte di Strasburgo la possibilità di poter continuare l'azione contro l'Italia. Nel ricorso si sosteneva che le autorità avevano violato il diritto alla vita di Giuseppina Smaltini, perché esisterebbe, secondo i denuncianti, un nesso provato di causa ed effetto tra le emissioni dell'Ilva e la leucemia contratta. La donna, ammalatasi nel 2006, aveva denunciato l'Ilva alla procura di Taranto, ma il fascicolo, come detto, era stato archiviato per due volte.

 

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