Emilia Romagna

Successo a Bologna per Van Gogh raccontato da Marco Goldin

Prima nazionale al Teatro Duse, immersione nella pittura

Redazione Ansa

 "Vorrei, con la mia pittura, con i mei colori, consegnare al mondo, senza che lo sappia, questa forza d'eternità, questo scatto che dà il pennello mentre distendo un giallo e un verde sulla tela, mentre strappo un angolo di cielo in attesa dell'arrivo della notte completa": è Vincent van Gogh che parla attraverso la voce di Marco Goldin nel nuovo spettacolo 'Gli ultimi giorni di Van Gogh' con cui lo storico dell'arte ha debuttato il 10 novembre in prima nazionale al Teatro Duse di Bologna, accolto da un grande successo di pubblico.
    Un viaggio nelle opere (ritratti e autoritratti, paesaggi, nature morte, la notte stellata e i cipressi, i campi di grano e i girasoli), nei luoghi e nelle inquietudini del pittore olandese nel corso delle sue ultime settimane di vita, attraverso le lettere che Vincent scrisse, qualcuna mai spedita, all'amato fratello Theo. "Van Gogh riflette continuamente nelle sue lettere sulla pittura - racconta Goldin - analizza se stesso, dice delle cose molto interessanti sui pittori che sono venuti prima di lui, scandaglia la sua opera, ci fa entrare nei meccanismi del suo pensiero: la pittura non è soltanto confessione, la pittura non è soltanto diario, la pittura è anche riflessione sull'assoluto".
    Prendendo spunto dal suo romanzo 'Gli ultimi giorni di Van Gogh. Il diario ritrovato' e con l'aiuto di una spettacolare scenografia composta da grandi schermi, Goldin mostra, oltre ai dipinti (a volte animati, oppure attraverso piccoli dettagli ingigantiti o in più statici totali), anche fotografie d'epoca, i luoghi del pittore e quelli che si scorgono sulle tele girati ad Auvers, in Provenza, tra Arles e la pianura della Crau, le amate Alpilles e l'istituto di cura per le malattie mentali di Saint-Rémy, dove l'artista scelse di stare per un anno, tornando indietro fino al natio Brabante. Un racconto intervallato dalle musiche di Franco Battiato tratte da 'Gilgamesh', "Telesio" e 'Joe Patti's experimental group'. 

Un'ora e quaranta circa di spettacolo affascinante ma non sempre coinvolgente, privo di una vera e propria regia (a farla è stato lo stesso Goldin) capace di renderlo anche più scorrevole, con più ritmo e meno ridondante: quanto avrebbe aiutato se le lettere di Van Gogh fossero state affidate ad un'altra voce, diversa da quella di Goldin? Erano proprio necessari i tanti, continui camminamenti sulla passerella posta davanti allo schermo centrale che già mostrava immagini in movimento? Piccoli aggiustamenti sui quali Goldin potrebbe riflettere in vista delle prossime recite in programma fino al 17 gennaio e alle quali seguirà una più lunga tournée

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