Emilia Romagna

Strage Bologna, per la Corte Gilberto Cavallini era 'consapevole'

Le motivazioni della sentenza all'ergastolo: 'Cavallini lo sapeva, voleva riaffermare uno Stato autoritario'

La sala d'aspetto della stazione di Bologna distrutta dall'esplosione della bomba del 2 agosto 1980, in una foto d'archivio

Redazione Ansa

Gilberto Cavallini "era tutt'altro che uno 'spontaneista' confinato in una cellula terroristica autonoma. Nonostante la sua maniacale riservatezza il suo nome è comparso in molti scenari, direttamente e/o incidentalmente". Così la Corte di assise di Bologna motivando la sentenza che un anno fa ha condannato all'ergastolo il quarto Nar per concorso nella Strage del 2 agosto 1980. "Risulta chiaro che Cavallini, con i suoi 'collegamenti', era pienamente consapevole dei disegni eversivi che coinvolgevano il terrorismo e le istituzioni deviate", sottolinea ancora la Corte.

"Gilberto Cavallini quindi è colpevole anche nella sola ipotesi 'minimale' del contributo logistico e agevolatore dato dall'ospitalità da lui concessa al duo Mambro-Fioravanti". Chiedendosi come mai si sia arrivati al rinvio a giudizio di Cavallini per strage solo nel 2017, i giudici sottolineano: che "il contributo agevolatore fosse integrato anche dalla semplice ospitalità concessa all'attentatore" era "di immediata percezione anche per il profano. Ben 38 anni anni fa"

Gilberto Cavallini "sapeva perfettamente che una strage come quella del 2 agosto si sarebbe comunque inquadrata in un progetto destabilizzante che coinvolgeva alla radice lo Stato democratico, nell'ottica della riaffermazione di uno Stato autoritario che poteva costituire il primo passo verso la restaurazione di una forma di Stato tipo Reich, che egli idolatrava apertamente". E' quanto ha evidenziato la Corte d'assise di Bologna in un passaggio delle 2.118 pagine di motivazioni della sentenza.

"Tale consapevolezza, sarebbe già sufficiente a fondare la sua responsabilità per strage politica - scrivono ancora i giudici - ai sensi dell'articolo 285 del codice penale".

Ripercorrendo la carriera criminale di Cavallini, la Corte sottolinea che "aveva contatti con Fachini, Signorelli, Maggi, Soffiati (tanto per citare i nomi più rilevanti), godeva di coperture in Argentina e in Bolivia, aveva conti protetti in Svizzera, ha ucciso persone come Mario Amato e Francesco Straullu che stavano conducendo indagini a 360 gradi sulle collusioni fra eversione e Servizi, ha partecipato a spedizioni punitive, si è adoperato a difesa di un'omertà che travalicava ampiamente la sua (apparente) posizione, disponeva di numeri di telefono riservatissimi che riconducevano all'intelligence".

"Il dilemma" se la strage di Bologna sia una strage 'comune' o 'politica' "non esiste", in radice, "perché si è trattato di una strage politica, o, più esattamente di una strage di Stato". Che a 37 anni di distanza l'imputazione "sia di nuovo 'implosa' in un'ottica minimalista e 'spontaneista' che riconduce tutto alla dimensione autarchica di 4 amici al bar che volevano cambiare il mondo (con le bombe, ma anche con il solito corteo di coperture e depistaggi) lascia perplessi, anche perché non si sa attraverso quale percorso istruttorio e/o processuale si sia approdati a ciò".

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