Emilia Romagna

Il soldato Adler ritrova i 'suoi' bambini, 76 anni dopo

Dopo l'appello sul web del militare americano

Redazione Ansa

Il ricordo di una cesta e due vecchie foto scattate in una piccola località di Monterenzio (Bologna), a testimoniare uno dei pochi momenti di umanità in un'epoca che di umano non aveva nulla. In mezzo, un buco di 76 anni in cui le vite di quattro persone sono andate avanti, ognuna per la sua strada. Fino a oggi, quando l'ex soldato americano Martin Adler, 96 anni, originario del Bronx, si è ritrovato faccia a faccia - per quanto sullo schermo di un computer - con Bruno, Mafalda e Giuliana Naldi, rispettivamente di 83, 82 e 79 anni. Li aveva visti per la prima e unica volta nell'ottobre del 1944, quando aveva vent'anni e combatteva sulla Linea Gotica.

Un giorno, insieme al suo compagno d'armi John Bronsky, entrò mitra in pugno in un'abitazione dell'Appennino tosco-emiliano. Da una grande cesta provenivano strani rumori: i due militari del 339th Infantry Regiment erano già pronti a fare fuoco, quando una donna corse loro incontro urlando 'bambini, bambini!'. Ne uscirono tre fanciulli, due femmine e un maschio. E i due militari, sciogliendosi, chiesero il permesso alla mamma di farsi una foto con loro. Un piccolo momento di felicità, in un'epoca di orrori: non molto lontano da qui si consumò l'eccidio di Monte Sole.

Per 76 anni le immagini di quella minuscola 'tregua' dall'incubo quotidiano della guerra sono rimaste in un cassetto dall'altra parte dell'Atlantico. Finché Adler non ha deciso di mettersi alla ricerca dei bambini, aiutato dalla figlia Rachelle. Non conosceva i loro nomi e non sapeva nemmeno il nome del paese in cui si trovava. Ma col suo appello social, che ha raccolto migliaia di condivisioni e commenti, è entrato in contatto anche con Matteo Incerti, giornalista e scrittore reggiano che già in passato ha aiutato persone a mettersi in contatto e riacceso i riflettori su storie quasi dimenticate (l'ultimo libro è 'I pellerossa che liberarono l'Italia').

Le indagini sono state rapide. È stato Bruno Naldi, il più anziano dei tre fratelli, a sentire la notizia della ricerca 'impossibile' su tg e giornali: ricordava di soldati americani che presero lui e i fratellini in braccio, donandogli anche dei dolci. E sua sorella Mafalda, in quella foto, si era riconosciuta subito. Bruno ne ha parlato con un suo amico, la cui badante ha poi scritto a Incerti. Chiudendo un cerchio larghissimo. La casa di Monterenzio è ancora in piedi, ma i Naldi non ci vivono più. Si trasferirono a Castel San Pietro (Bologna) nel 1953 e vivono ancora lì. Mamma Rosa, che quel giorno gli salvò probabilmente la vita e poi li volle vestiti da festa per la foto con i militari, è morta nel 2000. I tre fratelli invece ci sono ancora e oggi hanno incontrato, in videoconferenza, Adler. Il vecchio soldato, alla notizia del ritrovamento, non stava più nella pelle. E oggi come allora, appena partito il collegamento chiede: "Ciao bambini! Vuoi cioccolata?". A raccontarlo è Incerti, nel ringraziare chi in questi giorni ha diffuso la richiesta d'aiuto del soldato Adler: "Come insegnano i miei amici nativi ojibwa e cree il segreto della vita è condividere. Perché siamo tutti sull'orlo del tamburo".

Leggi l'articolo completo su ANSA.it