Regioni

Antonio Donghi, poeta malinconico di una umanità sospesa

A Palazzo Merulana retrospettiva sul maestro del Realismo Magico

Redazione Ansa

ROMA - Paesaggi, nature morte, ritratti, figure in interni ed esterni, personaggi del circo e dell'avanspettacolo: si è sviluppata su questi temi la lettura del mondo che Antonio Donghi ha affidato alle sue tele.
    Sull'intero percorso artistico di uno degli interpreti di maggior spicco del Realismo Magico in Italia si addentra a Roma la mostra La Magia del Silenzio che Palazzo Merulana ospita dal 9 febbraio al 26 maggio.
    Fabio Benzi, il curatore, ha selezionato 34 opere - con capolavori mai esposti prima - tra i nuclei della Galleria Comunale d'Arte Moderna di Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Banca d'Italia, UniCredit Art Collection e dalla stessa Fondazione Elena e Claudio Cerasi, alla quale fa capo lo spazio espositivo, per documentare l'attività del pittore romano, la sua ricerca appartata e silenziosa, l'immaginario sospeso tra la sfera astratta e quella realista sulla quale l'attenzione della critica si è concentrata solo a partire dagli Ottanta dopo un silenzio di decenni.
    Antonio Donghi, nato a Roma nel 1897, appartiene - osserva il curatore - alla generazione appena troppo giovane per aver vissuto e condiviso le istanze moderniste delle Secessioni romane come della prima fase del Futurismo, che si colloca con la sua maturità negli anni del primissimo dopoguerra: cioè a contatto con le istanze del 'ritorno all'ordine'. Benzi, profondo conoscitore della pittura della seconda metà del XIX secolo e del XX secolo, si interroga sulle ragioni del passaggio repentino dell'artista, tra la fine del 1922 e l'inizio del 1923, da uno stile basato su una tradizionale pittura di matrice ottocentesca a una visione completamente rinnovata, capace di inserirsi e incidere nell'avanguardia europea. L'artista - sottolinea - "coglie la radice formale dell'arte antica e al contempo l'espressione meno aulica del costume nazionale; diviene il poeta malinconico di un'Umanità che sembra essere a un bivio. La lenta tradizione romanesca o la modernità dei tempi nuovi?". In questo scontro di nuove identità borghesi, di un mondo che cambia "i personaggi sembrano davvero interrogarsi sulle loro identità, come in una commedia di Pirandello o di Bontempelli, figure incerte di se stesse e del loro ruolo nel mondo, personaggi in bilico tra fascismo opprimente e rilassata quotidianità". L'omaggio a Donghi è l'occasione per aggiungere non solo uno studio, ancora mancante, sulle sue eclettiche fonti culturali volte a far rivivere in forme nuove i ritmi interni della pittura classica italiana, ma anche una riflessione sull'importante ruolo che alcune collezioni pubbliche romane hanno svolto per la conoscenza e la diffusione della sua arte.
    Il racconto restituisce l'immagine di un pittore "nitidamente romano nella sua natura e nella cultura dell'epoca, come emerge anche dagli stupendi paesaggi della città e dei suoi dintorni, in cui l'artista sembra voler estrarre la componente atmosferica per farli vivere di una vita immobile ed eterna". 
   

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