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Al Maxxi Pivi e il gioco serio dell'arte

Omaggio a 20 anni dal Leone d'Oro. Lei, "Ogni opera è politica"

Redazione Ansa

   MAXXI - Un soffitto morbido e colorato che ti sorride e ti avvolge con cuscini intrecciati nati dalle vesti dei monaci tibetani. Un orso spiaggiato al pavimento come un trofeo di caccia che sembra ammiccare sornione alla sua pelliccia rigorosamente sintetica. Ruote di bicicletta inzeppate di piume che girano ipnotiche e leggere come in una fabbrica di sogni. Dovunque ti volti c'è sempre un alto tasso di poesia nei vistosi giocattoli d'arte e di pensiero con cui Paola Pivi trasforma la realtà, smonta e dilata lo spazio, il tempo, il significato delle cose portandoci dalle dimensioni minime della "Scatola umana" alla grandiosità lussuriosa di World Record, in pratica un'enorme tana di materassi su cui rotolarsi, ridere, sognare.

Un gioco colto che l'artista milanese ("solo di nascita", puntualizza lei che negli ultimi vent'anni ha girato il mondo e ora vive in Alaska) offre al suo pubblico senza mediazioni come fu in passato per il leopardo che passeggiava tra le tazze di cappuccino (One cup of cappuccino then I Go, 2007), l'asino da solo su un barchino in mezzo al mare (Senza titolo 2003), le due zebre sulla neve (Ok, you are better than me, so what?): "Non vi dico nulla non vi accompagno, ognuno deve vivere la mia arte come vuole", ripete lei, come già le è capitato di spiegare tante volte, dalla Biennale di Berlino al Rockbund art Museum di Shangai.

A vent'anni dal Leone d'oro che la lanciò sul panorama internazionale, prima tappa di una carriera costellata di continui successi, il Maxxi omaggia con una personale questa "artista e italiana anomala" come si definisce subito lei, che lasciò gli studi di ingegneria chimica nucleare al Politecnico per lanciarsi nell'avventura dell'Accademia di Brera e diventare in qualche anno l'artista più conosciuta e acclamata all'estero insieme con Maurizio Cattelan.

Intitolato World record come l'installazione dei materassi, il progetto site specific curato dal direttore artistico Hou Anru insieme con Anne Palopoli alterna opere storiche a lavori più recenti, tra la scultura e l'installazione. Un percorso che parte sotto il giallo e il rosso cupo di centinaia di forme morbide intrecciate a mezz'aria di Share but it's not fair ("Ma per carità lungi da me il volervi far pensare al Tibet" esorta lei, da anni felicemente sposata con un compositore tibetano) e si snoda attraverso opere della fine degli anni Novanta come il piccolo divano oro e rosa imbevuto di profumo, la pelle d'orso del 2010 ("Did you Know I'm single?") fino alla gigantesca World record, appunto, l'ultima nata del suo caledoscopio di meraviglie.

 L'arte è "strettamente connessa alla magia della vita ed è consapevole"  rifletteva qualche tempo fa in un colloquio proprio con Cattelan, che l'ha preceduta di qualche anno e per il quale ha sempre nutrito, ricambiata, interesse e ammirazione. Presentandola, al Maxxi, la presidente della Fondazione Giovanna Melandri e il direttore artistico Hanru, sottolineano più volte la bellezza e la giocosità delle sue idee e dei suoi lavori "Con le opere di Paola, per una volta possiamo giocare come bambini", sorride felice Hanru, che poi sarà il primo a lanciarsi sui materassi. Senza mai dimenticare però, avverte seria l'artista - una vita volutamente nomade da Alicudi all'India, da Shanghai all'Alaska dove risiede felice dal 2006 - che le opere d'arte non sono mai solo gioco, bellezza, colori: "L'arte rende le persone più coscienti, più intelligenti e quindi in qualche modo più pronte ad affrontare la complessità e le brutture del mondo. Io lavoro così. Ma il lavoro è politica, ogni opera d'arte è politica".

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