Regioni

Georg Baselitz, fragili eroi

Da domani a Roma 70 opere del grande maestro tedesco

Redazione Ansa

Monumentali e fragili, aggressivi e vulnerabili, bloccati nel gesto o addirittura spezzati: sono gli Eroi di Georg Baselitz riuniti per la prima volta in una grande mostra allestita da domani al 18 giugno a Roma, negli spazi di Palazzo delle Esposizioni. Esposte circa 70 opere del maestro tedesco, fra i più importanti contemporanei viventi, a 50 anni dalla creazione di questa serie drammatica e spiazzante, ancora oggi al centro della sua ricerca espressiva.
    Con il titolo 'Georg Baselitz. Gli Eroi', la rassegna è il terzo appuntamento di un progetto espositivo, realizzato grazie alla co-produzione tra Azienda Speciale Palaexpo, Stadel Museum di Francoforte, Moderna Museet di Stoccolma e Guggenheim Museum di Bilbao. La mostra, che ha già toccato Francoforte e Stoccolma (e dopo Roma andrà a Bilbao), è stata curata da Max Hollein in collaborazione con Daniela Lancioni, e presenta focus appositamente ideati per l'edizione romana. Proprio quando uno dei suoi Eroi con la bandiera stracciata è in procinto di andare all'asta londinese di Sotheby's con una quotazione iniziale tra i 6,5 e 8,5 milioni di euro (e già si parla di record d'artista), il maestro si racconta e si riconfronta con la produzione dei suoi esordi, a ribadire, nonostante l'attuale fortuna commerciale e il notevole successo di mercato, il suo essere un outsider, un uomo isolato, un autentico artista.
    "Quando, a metà degli anni '60, presentai per la prima volta i miei Eroi, non piacquero quasi a nessuno, soprattutto per il loro contenuto - rammenta Baselitz intervenuto oggi alla vernice per la stampa - la cultura nel dopoguerra si era liberata dagli eroi e si dipingeva in modo astratto, diverso. Il mio cammino consisteva invece nella ricerca di una via d'uscita, nel trovare risposte al passato". Baselitz ha quindi ricordato l'amico Kounellis, scomparso poche settimane fa, e il suo motto "lotta continua". "Kounellis, come me, non sperimentava, ma lottava per un'idea, che non era quella di avere una vita migliore. Come artista, poteva sopravvivere solo di arte".
    In questa mostra emozionante, ecco dunque l'arte senza compromessi di Baselitz, dilaniata dalla solitudine, eppure vigorosa e caparbia, che si concretizza nelle figure granitiche e dolenti, sanguinanti, che popolano un mondo inconsapevole.
    Sono soldati, pastori, ribelli, partigiani, pittori, pittori moderni, rossi, bianchi, dipinti tra il 1965 e il 1966, quasi colto da un raptus espressivo, forse per esprimere una profonda oscurità, interiore e collettiva. Cresciuto nella Germania Democratica e trasferitosi nella Germania Federale prima della costruzione del Muro di Berlino, Baselitz lavora infatti a questo ciclo ancora molto giovane, a 27 anni, di ritorno dal soggiorno a Firenze, dove aveva trascorso sei mesi grazie a una borsa di studio. Si affaccia alla maturità in un'Europa ancora incapace di fare i conti con le tragedie della guerra, che cerca di cancellare lutti e orrori cavalcando il boom economico, il benessere, la società dei consumi.
    Il giovane artista va controcorrente, vuole scavare, ma solo ora, dopo molti decenni, prende consapevolezza di quello straordinario percorso creativo. "I tedeschi conoscono molti racconti che hanno per protagonisti gli eroi, basti pensare a Wagner, la cui musica, dopo la fine della guerra, ha taciuto.
    Ora si è tornati a suonarla e i suoi eroi sono di grande attualità, ma ancora ammantati da un'aura di mistero". Quelli di Baselitz, l'artista lo rivendica, "non sono personaggi mitici: la mia pittura è soggettiva, i miei pensieri sono personali e la via politica non è mai stata tra i miei interessi". Per 50 anni, prosegue il maestro, ha riflettuto su cosa fossero in realtà questi quadri, e solo molto di recente è riuscito a darsi una risposta ripensando ai passaporti che tutti i tedeschi avevano con la connotazione di razza ariana. Da questa certificazione di superiorità ("superuomini") è scaturito "qualcosa di fatale, il lato oscuro del mondo", che è finito nel 1945. Proprio "il degrado degli eroi, tra cui metto mio padre, ha portato al mio ciclo pittorico". Tra espressionismo astratto e realismo socialista, Baselitz da vita a una pittura vigorosa, in cui il colore, il segno e la figura raggiungono una forte intensità, quasi sfidandosi a vicenda. La figura del tutto inedita di eroe è in aperto contrasto con l'immagine positiva legata alla retorica e alla propaganda bellica e postbellica, insomma dei Parsifal contraddittori e disperati. Con cui continua però a dialogare, e che rivede nella figurazione della Transavanguardia e dei suoi protagonisti, Chia, Cucchi, Clemente. "Il loro apparire mi ha irritato - ha detto - perché negli anni '60 ero completamente solo. Allora sono tornato per farmi sentire, ma come personaggio malefico. Ho ritirato fuori gli Eroi e li ho ridipinti in modo più efficace!. Sono i monumentali Remix che chiudono una mostra memorabile. (ANSA)

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