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Emilio Isgrò e la cancellazione dei Codici, civile e penale

Tra innovatori del linguaggio artistico del secondo dopoguerra

Redazione Ansa

(ANSA) - BOLOGNA, 31 GEN - Considerato tra gli innovatori del linguaggio artistico del secondo dopoguerra, Emilio Isgrò è il padre indiscusso della cancellatura, un atto che cominciò a sperimentare nei primi anni Sessanta e che ancora oggi mantiene la stessa vivacità e audacia creativa. Questa originale ricerca sul linguaggio lo ha reso una figura unica nel panorama dell'arte contemporanea internazionale. La sua mostra 'Cancellazione dei Codici - Civile e penale' sarà ospitata dal Dipartimento di Scienze giuridiche dell'Università di Bologna, dal 2 al 9 febbraio, nella sede di Palazzo Malvezzi. Il progetto è promosso da Archivio Emilio Isgrò, in collaborazione con MamBo-Museo d'Arte Moderna e Giuffrè Francis Lefebvre, e rientra nella dodicesima edizione di Art City Bologna.
    L'esposizione presenta 29 testi giuridici, in particolare il Codice civile e il Codice penale, sui quali Isgrò (1937) è intervenuto con la sua cifra espressiva cancellando parti del testo, con il fine di proporre una diversa riflessione sul significato di convivenza comune. Superando con l'atto della cancellatura le caratteristiche della lingua asciutta e fortemente antipoetica propria delle raccolte di norme giuridiche, l'artista ha dato origine a lavori dal forte impatto formale, talvolta tendenti all'ironia, che graffiano per la loro incontestabile verità. Su un testo cancellato in nero e bianco, le parole superstiti danno voce a nuove interpretazioni del testo, come "I condomini sono l'autorità giudiziaria" o "La falsa dichiarazione sulla propria identità, dichiara o attesta altre qualità". "Ho cancellato il Codice civile e il Codice penale perché senza parola non c'è diritto - spiega Isgrò - e senza diritto non c'è democrazia. Il primo impegno dell'arte è quello di discutere in un mondo che urla".
    Ad arricchire il percorso espositivo si affianca la cancellatura de Il discorso di Pericle agli ateniesi, riportato nel libro II dell'opera di Tucidide La Guerra del Peloponneso.
    Ciò che Pericle scrive sul senso della democrazia, sui valori umani e sul rispetto delle leggi, ha fatto di Atene un mito che mantiene le sue radici nella società di oggi. (ANSA).
   

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