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Una mostra racconta la vita di Vittorio Cini, 'l'ultimo doge'

Collezionista e imprenditore ricordato a Ferrara dal 13 novembre

Redazione Ansa

(ANSA) - FERRARA, 12 NOV - Le opere di 28 artisti, perlopiù concepite ad hoc in vista della collettiva, evocano la vicenda umana e professionale del ferrarese Vittorio Cini, definito da Indro Montanelli "l'ultimo Doge di Venezia" e uno dei più grandi imprenditori del Novecento, protagonista della storia e della vita economica, politica, sociale e culturale italiana. La mostra - a Palazzo Bonacossi di Ferrara dal 13 novembre al 26 febbraio, organizzata da Il Cigno Arte in collaborazione con Fondazione Ferrara Arte e Servizio Musei d'Arte del Comune - presenta anche, attraverso fotografie storiche e documenti, l'attività collezionistica di Cini (per Federico Zeri "vero raccoglitore di pittura antica") e iniziative come la donazione del palazzo di Renata di Francia al Comune di Ferrara (1942) e la creazione dell'Istituto di Cultura "Casa Giorgio Cini" nella residenza di famiglia in via Santo Stefano a Ferrara, donata ai gesuiti nel 1950.
    Nato il 20 febbraio 1885, Vittorio Cini, Senatore del Regno dal 1934, fu nominato due anni dopo commissario generale dell'Ente Esposizione Universale di Roma, prevista per il 1942.
    Dopo aver ricoperto per alcuni mesi la carica di ministro delle comunicazioni, nel giugno 1943 si dissociò dal regime fascista, scelta che gli costò l'internamento nel campo di concentramento di Dachau, dal quale uscì grazie all'intervento del figlio Giorgio. In memoria di quest'ultimo, scomparso prematuramente, promosse la costituzione della Fondazione Giorgio Cini (1951), centro di formazione e ricerca umanistica che scelse di collocare nell'Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia.
    Mecenate e filantropo, fu anche uno dei più intelligenti collezionisti del Novecento: nella sua ricca e variegata raccolta figuravano, tra gli altri, capolavori di maestri del Rinascimento estense, testimonianza della passione per l'arte della sua città natale. Come sottolinea il curatore della mostra, Marco Di Capua, dai diversi spunti forniti dagli artisti che hanno indagato la 'geografia ciniana' emerge "un Dna creativo e civile, progettuale ed estetico che condiziona e rende evidente, in modo lampante, il senso moderno della civiltà italiana". (ANSA).
   

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