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A Ginevra capitale della pace, della scienza e dell'arte

Onu, Croce Rossa, Cern ma anche un'anima pop e solidale

Redazione Ansa

L'arcobaleno che spesso si ammira sotto al Jet d’Eau, la grande e famosa fontana che dalla fine del XIX secolo illumina Ginevra, è un po' il simbolo di quanto sia varia e multiforme questa città. Se infatti Ginevra vuol dire pace tra l'Onu (qui c'è la sede europea) e la Croce Rossa (che è nata qui), vuol dire scienza con il Cern, il più grande laboratorio al mondo per lo studio della fisica delle particelle, vuol dire alta orologeria con il museo Patek Philippe dove rivivono 500 anni di storia, vuol dire cultura con realtà come la Fondazione Martin Bodmer che conta qualcosa come 150mila volumi in circa 80 lingue in un tempio dell'architettura moderna ideato da Mario Botta. Ma non basta: se Ginevra è culla di banche (è la seconda piazza finanziaria elvetica, dopo Zurigo) e cioccolaterie, queste sono solo alcune delle sfumature di una città che sa essere anche pop e sorprendente. Ma mai come in questo momento in cui le guerre dilaniano e distruggono, è ancora più coinvolgente un viaggio della "metropoli più piccola del mondo".

Una passeggiata sotto la monumentale Broken Chair dello scultore Daniel Berset, installata "temporaneamente" nel 1997 ma poi lasciata per il grande successo che ne ha fatto un emblema del XX secolo, è un invito alla riflessione sui drmmi del bellicismo. I suoi 12 metri d'altezza, la sua gamba spezzata a mezz'aria, la sua posizione proprio davanti alla sede europea delle Nazioni Unite è un monito semplice ed efficace per ricordare a passanti, turisti e soprattutto governanti non solo la bestialità delle mine antiuomo, che fanno strage anche di bambini, ma la mostruosità di tutti i conflitti che ancora insaguinano il mondo. Dall'impatto immaginifico dell'arte si passa alla cruda realtà dei feriti di guerra e più in generale sull’instancabile azione umanitaria della Croce Rossa, visitando l’unico museo consacrato all’opera di Henry Dunant che qui la istituì nel 1863. L'umanista, imprenditore e filantropo svizzero, premio Nobel per la pace nel 1901, ebbe questa intuizione dopo essere stato testimone delle sofferenze e del crudele destino dei moltissimi feriti delle battaglie della sua epoca, una su tutte Solferino, abbandonati a loro stessi o all''aiuto di qualche persona caritatevole. Nell'esposizione completamente rinnovata anche grazie a innovative tecnologie l'azione umanitaria è declinata in tre grandi spazi tematici concepiti da architetti di fama internazionale: dalla difesa della dignità umana con il brasiliano Gringo Cardia all'importantissima ricostruzione del legame familiare con Diébédo Francis Kéré del Burkina Faso. Infine la terza parte affidata agli elementi architettonici creati dal giapponese Shigeru Ban è di sconvolgente attualità: limitare i rischi naturali rispettando l'ambiente. Una visita da vivere e condividere con dodici testimoni dei nostri tempi, che appaiono ad altezza naturale su dei video e parlano ai visitatori. Tra loro spicca l'ex procuratrice del tribunale penale internazionale dell'Aja Carla Del Ponte, protagonista del processo a Slobodan Milosevic. Due i momenti salienti che uniscono il grande passato di questa istituzione e il sempre più angosciante presente: da una parte l’archivio dell’Agenzia internazionale dei prigionieri di guerra 1914-1923 iscritto al registro della Memoria del mondo dell’Unesco e dall'altra l'educational Uragano per sperimentare le attività di preparazione alle catastrofi naturali. Davvero commovente infine la mostra dei doni dei prigionieri ai delegati della Croce Rossa, che li visitano nelle carceri più dure del mondo: si va dalle statuette realizzate con briciole di pane, alle tazzine fatte di lische di pesce.

Ginevra racconta il suo pacifismo anche con la sua storia: l’ultima guerra combattuta dalla città risale al 1602. I ginevrini respinsero l’ennesimo tentativo del duca di Savoia Carlo Emanuele I di riconquistare le terre perdute e ogni 11 e 12 dicembre lo ricordano con il festoso corteo in costumi d'epoca dell’Escalade in cui si commemora l'eroico resistenza della leggendaria Mère Royaume, che salì sulle mura della città e riversò il pentolone di minestra bollente preparato per i numerosi e affamati figlioli sulla testa dei sabaudi. Ancora oggi a Ginevra in tutte le famiglie il più anziano e il più giovane rompono assieme la marmitta, che però è fatta solo del dolce cioccolata simbolo della nazione.

L'anima artistica di Ginevra si celebra invece nel Quartier des Bains, un quadrilatero di fabbriche di meccanica di precisione divenuto negli anni '60 una piccols Soho. con il Centre d’Art Contemporain, il Meg - Musée d'ethnographie de Genève, il Mamco - Musée d'art moderne et contemporain. Ma anche tante celebri gallerie che brillano non solo per i capolavori messi in vendita ma anche per la presenza dei proprietari che spesso sono delle miniere di ricordi e anedotti. Uno su tutti Patrick Cramer che intrattiene i visitatori con la sua incredibile vita costellate di incontri con mostri sacri: da Pablo Picasso a Joan Mirò panndo per Marc Chagall.

Pace e solidarietà anche a tavola al Refettorio Geneva, un ristorante di alta gastronomia al prezzo low cost di 36 franchi per un menù di tre portate ma anche e soprattutto un progetto solidale senza eguali visto che le stesse pietanze la sera vengono servite gratuitamente a persone in situazioni di precarietà che vengono invitate tramite una rete di associazioni attive contro la povertà. Quello di Ginevra è il tredicesimo Refettorio nel mondo della catena lanciata da Massimo Bottura artefice con la moglie Lara Gilmore del progetto Food for Soul, "cibo per l’anima che vuole "accendere una luce sul potenziale invisibile delle persone, dei luoghi e del cibo" appunto. Alla guida della truppa di chef ginevrini l'italo egiziano Walter el Nagar, che sottoliena come questo sia un luogo non solo di beneficienza ma anche di imprenditoria: "Ho più di 10 assunti. Oggi il budget è sostenuto per il 40% dal ricavato dei pranzi e il resto è sostenuto da associazioni, di varie fondazioni e istituzioni. Ma l'obiettivo è arrivare all'80%". Infine Walter el Nagar, che si definisce Mad Chef ovvero cuoco pazzo, confessa il suo sogno più grande: "Fare un refettorio anche in Palestina". Del Refettorio Geneva Bottura ha detto: "Quando la chiamata ad agire è nel nostro cuore, possiamo realizzare i nostri sogni più grandi: questa è la passione e l'impegno del nostro partner Mater e la natura pacifica di Ginevra, nel prendersi cura dell'umanità e nel fare una rivoluzione come famiglia globale".

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