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Oltre le sculture, il segno di Giacometti

Al museo di Chiasso l' opera grafica del grande artista svizzero

Redazione Ansa

CHIASSO - ''Disegnare è un metodo per vedere… Di qualsiasi cosa si tratti, di scultura o di pittura, è solo il disegno che conta". Così Alberto Giacometti spiegava il suo modo di affrontare il mondo, chiave di lettura della realtà e ossessione che lo accompagnò per tutta la vita. Disegnava dappertutto, su ogni pezzo di carta, giornali, riviste, i tovaglioli di un bar, le pareti intonacate e i pannelli di legno, su taccuini e album per gli schizzi, e sperimentava le tecniche più diverse. Anche dietro e oltre le celebri sculture delle figure umane filiformi c' era un enorme e ininterrotto lavoro sul segno, passaggio imprescindibile della sua ricerca. Al corpus grafico del maestro svizzero il M.a.x. museo di Chiasso dedica fino al 10 gennaio 2021 la prima grande mostra che presenta oltre 400 fogli, tra xilografie, incisioni a bulino, acqueforti, litografie e numerosi libri d'artista. Tra il materiale proveniente da istituzioni internazionali - prima fra tutte la Fondazione parigina intitolata allo scultore - e collezionisti privati di rilievo, nell' esposizione ''Alberto Giacometti (1901-1966). Grafica al confine fra arte e pensiero'' curata da Jean Soldini e Nicoletta Ossanna Cavadini spiccano in particolare tre matrici per due litografie e una acquaforte in rame, occasione preziosa per cogliere più a fondo la qualità e il livello dei lavori. La descrizione dell' ambiente creativo dell'autore è affidata alle fotografie dell'amico Ernst Scheidegger che, dal 1943, ha documentato con immagini e filmati l'attività e la vita privata di Giacometti, e dalla fotografa ticinese Paola Salvioni Martini che lo conobbe all'inizio degli anni Sessanta.
    ''Guardare alla sua grafica permette di comprendere Giacometti - spiega Nicoletta Ossanna Cavadini -. Per lui il disegno è l' atto primigenio del pensiero artistico e il momento della riflessione. Era un indicibile scontento di sé, così da poter continuare senza interruzione la sua ricerca''. Il percorso di Giacometti viene seguito dalle prime esperienze nell' atelier del padre Giovanni, pittore, al periodo surrealista e alle frequentazioni parigine di Breton, Tristan Tzara e Mirò. Nel 1933 ruppe con Breton e il suo ripensamento artistico lo portò verso il realismo e lo studio dal vero.
    Rifugiato a Ginevra nel corso della seconda guerra mondiale incontrò una pletora di intellettuali e partecipò assieme ad Albert Skira alla breve vita della rivista Labirynth con il gotha dei personaggi che poi, come lui, sarebbero stati gli esponenti della modernità in letteratura e nell' arte. Finita la guerra tornò a Parigi e aprì un piccolo atelier vicino a Montparnasse che, dice la curatrice, ''diventerà la sua tana e il suo pensatoio e dove creerà tutta l' opera scultorea e pittorica''.
    La mostra illustra la padronanza straordinaria di Giacometti delle tecniche grafiche. Ognuna delle quattro sezioni in cui è suddiviso il percorso espositivo propone un dipinto, un disegno o una scultura che aiuta a chiarire il rapporto tra i diversi mezzi di espressione. ''A metà degli anni Cinquanta si concentra sulla litografia - spiega Cavadini - producendo una incredibile quantità di opere. Il peso della grafica diventa crescente fino a risultare addirittura prevalente negli anni '60''. Nelle sue stampe Giacometti scandaglia la figura umana, in particolare quella femminile, e si concentra sul ritratto ''come intima essenza dell' essere'' con il suo stile inconfondibile, rivolto non a un risultato verosimile ma a cogliere l' aspetto intimo dei suoi soggetti. Il volto, la potenza dello sguardo, la fisiognomica più essenziale, tutto punta a far trasparire il carattere dei personaggi, la madre, moglie, il fratello, gli amici intellettuali. ''E' un lavoro mai fine a sé stesso - osserva la curatrice - per cogliere l' essenzialità dello sguardo, con il segno insistito intorno all' orbita dell' occhio, per catturarne la forza e trasmetterla all' osservatore''. Nel suo intero percorso artistico Giacometti fece i conti con la difficoltà di rappresentare la vita, inafferrabile quanto più cercava di coglierne l' essenza, e la natura dell' essere umano, in un desiderio di conoscenza senza mezzi termini: ''L' arte mi interessa molto, ma la vita mi interessa infinitamente di più''. (ANSA).
   

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