Rubriche

Alghe, tra 'cibo promesso' e problema ecologico

Slow Fish: proposte come alternativa a terre: valgono 6 mld

Redazione Ansa

Riscoperte come "novel food", le alghe sono proposte come la promessa di alimentare le comunità più povere con cibi dal gran valore proteico, non più creando monocolture terrestri, ma tuffandosi nelle praterie sommerse. Delle opportunità economiche e ambientali e dell'impatto sociale ed ecosistemico della loro produzione si occupa Slow Fish. Un milione di esemplari, 6 miliardi di dollari il giro d'affari.

Della maggior parte delle alghe, dicono gli organizzatori di Slow Fish "non sappiamo nulla. Quelle che conosciamo e coltiviamo, al momento perlopiù per il consumo umano, secondo gli ultimi studi fruttano globalmente circa 6 miliardi di dollari, con una crescita esponenziale anno dopo anno". I paesi che praticano l'alghicoltura sono 50 con Cina e Indonesia che guidano la classifica con condizioni sociali e remunerazione ai minimi livelli. Stati Uniti ed Europa stanno cercando di recuperare. La coltivazione di alghe è promossa dagli organismi internazionali come soluzione alla penuria di terre e di cibo a livello globale.

"Secondo la Banca mondiale, la coltivazione di 500 mila tonnellate di alghe arriverebbe a consumare 135 milioni di tonnellate di carbonio, il 3,2% della quantità assorbita dal mare a causa dell'emissione di gas serra. Non sempre gli effetti dell'introduzione di specie aliene lungo le barriere coralline degli oceani che ospitano queste distese galleggianti sono prevedibili. Diversi studi hanno confermato casi di distruzione degli ecosistemi e, conseguentemente, la privazione di sovranità alimentare e opportunità sociali ed economiche per le comunità della pesca che a quegli ecosistemi devono la sopravvivenza", dicono gli esperti di Slow Fish. Si tratta comunque di acquacoltura e come tale la produzione di alghe viene additata dagli ambientalisti. Secondo l'esperto statunitense Paul Molyneaux: "l'unica crescita economica reale è quella che consente all'ambiente, agli ecosistemi, e alle risorse naturali in genere di prosperare. E l'alghicoltura non garantisce nulla di tutto ciò", se le alghe diventassero i nuovi campi di mais.

Esiste anche un approccio di rispetto verso questi organismi come quello della raccoglitrice di alghe selvatiche canadese Amanda Swinimer sull'isola di Vancouver, lei punta a un sano rapporto mare - uomo.

Leggi l'articolo completo su ANSA.it