(ANSA) - GENOVA, 22 GIU - Secondo l'ultimo rapporto della Fao
sullo "Stato della Pesca e dell'Acquacoltura Mondiale", nel 2030
la produzione ittica totale è destinata a superare i 200
milioni di tonnellate. Dal 1961 il consumo di pesce per scopi
alimentari è aumentato con un tasso medio annuo del 3,1%, quasi
doppio rispetto alla crescita della popolazione mondiale
(1,6%), e superiore al consumo di tutti gli altri alimenti
proteici di origine animale, aumentato del 2,1%. Sono dati
evidenziati da
Slow Fish - la rassegna di Slow Food dedicata al mare e ai suoi
prodotti che sarà in presenza a Genova dall'1 al 4 luglio -
dopo un convegno in streaming in occasione della giornata
mondiale degli oceani. L'associazione rilancia il messaggio
sulla necessità di tutelare questa risorsa.
I mari piu' svuotati dal punto di vista della pesca sono il
Mediterraneo e il Mar Nero con il 62,5% di stock sovra
sfruttati, il Pacifico sudorientale con il 54,5% e l'Atlantico
sudoccidentale con il 53,3%. A livello mondiale la pesca
industriale, sebbene sia praticata da un numero molto ridotto di
pescherecci, comporta annualmente la cattura di circa 30 milioni
di tonnellate di pesce per il consumo umano, e circa 35 milioni
di tonnellate che sono trasformate in mangimi, impiegando al
massimo 1 o 2 milioni di pescatori con un consumo annuo di 37
milioni di tonnellate di carburante. Al contrario, la piccola
pesca, quella cui Slow Fish dedica risorse e spazi per favorirne
la tutela e lo sviluppo, è praticata dall'82% delle
imbarcazioni, da' lavoro ad oltre 12 milioni di persone, che
producono circa 30 milioni di tonnellate di pescato all'anno, il
quale si traduce interamente in prodotto alimentare umano, con
un consumo di carburante di solo 5 milioni di tonnellate. Una
statistica preoccupante, dice Slow Fish, è anche quella
relativa allo sfruttamento degli stock ittici: la percentuale
delle specie in salute (per numero di esemplari) è diminuita
dal 90% nel 1974 al 65,8% nel 2017, mentre la percentuale degli
stock ittici costituiti da specie di
interesse commerciale a rischio di estinzione è aumentata dal
10% nel 1974 al 34,2% nel 2017.
Questa tendenza al sovrasfruttamento delle risorse alieutiche
non comporta solo impatti negativi sulla biodiversita' e sul
funzionamento degli ecosistemi marini, ma contribuisce a
generare importanti situazioni di criticita' economiche e
sociali.
Il messaggio emerso dal convegno è che la gestione del mare
e' responsabilita' di tutti e la pesca artigianale e
consapevole può essere una delle risposte ai problemi dei nostri
mari secondo Slow Food. "Bisogna mettere in discussione quanto
accaduto negli
ultimi vent'anni" ha detto Antonio Garcia-Allut, professore
presso l'Universita' di La Coruña, detentore della cattedra
Unesco in sviluppo costiero sostenibile presso l'Universita' di
Vigo. Secondo Garcia-Allut, "serve una co-gestione basata sulla
collaborazione tra chi prende decisioni e la società civile,
compresi i pescatori di piccola scala e occorre rivedere le
modalita' con cui vengono assegnati i diritti di pesca, un
settore oggi sempre piu' privatizzato. Abbiamo assistito alla
progressiva espulsione dei pescatori artigianali dai loro spazi
e cio' ha favorito l'accaparramento di aree che erano
importanti
per equilibrio dell'ecosistema marino". (ANSA).
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Slow Fish: Mediterraneo il mare piu' svuotato dalla pesca
Piccola inquina meno rispetto all'industriale e dà più lavoro