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Tra zucche e candele, le tradizioni di Ognissanti in Abruzzo

I prodotti della terra protagonisti delle ricorrenze autunnali

Redazione Ansa

(ANSA) - PESCARA, 28 OTT - Dalle zucche di Serramonacesca (Pescara) ai ragazzi con i volti imbiancati di farina che bussano alle porte delle case a Pratola Peligna (L'Aquila) a quelli che a Pettorano sul Gizio (L'Aquila) si dipingono il viso con cenere e farina e cantano di casa in casa ottenendo in cambio ospitalità: la vigilia di Ognissanti è ricca di tradizioni in Abruzzo. Un excursus sulle usanze meglio conservate, ma anche su quelle meno note e quasi dimenticate, lo offre la pagina it/it/capo-del-tempo-dove-tutto-ricomincia" target="_blank">https://abruzzoturismo.it/it/capo-del-tempo-dove-tutto-ricomincia del sito del Dipartimento Sviluppo Economico - Turismo della Regione Abruzzo che ricorda come 'Capetiempe', dal 31 ottobre all'11 novembre, sia 'il tempo dove tutto si conclude e tutto ricomincia'.
    Il periodo in cui si banchetta, consumando il frutto degli orti autunnali, festeggiando l'arrivo del vino novello e la conclusione del ciclo agricolo, in cui si mangiano le zucche per poi svuotarle e farne candele. "La festa celtica di Samhain (fine dell'estate) che indica l'avvicendarsi delle stagioni e la leggenda irlandese di Jack o' lantern, che vaga come fuoco fatuo dentro una zucca, non sono dissimili dalle leggende, i racconti, i riti praticati sin dalla preistoria nel territorio abruzzese".
    E dunque a Serramonacesca, sulle colline della provincia pescarese nel Parco nazionale della Majella, i bambini indossano zucche intagliate a forma di testa, le "Cocce de morte" (teste di morto) e bussano alle case in cerca di dolciumi rispondendo al 'Chi è?' con la frase "L'aneme de le Morte", che è poi il nome della manifestazione annualmente organizzata nel borgo, accompagnata dalla Sagra di Zucca, vino cotto e castagne. Da non perdere la chiesa di San Liberatore a Majella e le sorgenti dell'Alento, inaspettate per il visitatore che si addentri nella vegetazione intorno al monumento; l'area faunistica del capriolo e l'Eremo di Sant'Onofrio incastonato nella roccia.
    A Pacentro (L'Aquila) si celebrano messe nelle chiese fino alla domenica successiva a Ognissanti: le famiglie più ricche un tempo preparavano banchetti per ospitare il passaggio dei defunti che poi donavano ai bisognosi del paese. Villa Sant'Angelo (L'Aquila) festeggia con le "Zucche infuocate", una gara di mangiatori di peperoncino.
    Santo Stefano di Sessanio (L'Aquila) da qualche anno ospita, nella notte del 31 ottobre, la "Festa delle Lumère" ispirata alla tradizione di costruire figure e maschere con sembianze di teschi.
    A Spoltore (Pescara) 'La Tavola dei Morti' mantiene una tradizione diffusa al Sud fino agli anni '50 del secolo scorso, pratiche devozionali per onorare i defunti che tornano nelle loro case per un attimo nella notte di Ognissanti: con la luce delle candele si cammina nelle vie del paese e ad ogni sosta si racconta una storia. Al termine dell'evento ai partecipanti viene offerto 'il grano dei morti', grano bollito con noci, melograno e mosto cotto, fave lesse, ceci abbrustoliti, zucca e patate con vino rosso.
    A Schiavi di Abruzzo (Chieti) dopo 60 anni è tornata la tradizione de "Le casette degli Angeli" : i bambini, con l'aiuto delle mamme, costruiscono casette in miniatura con materiale riciclato e pongono all'interno un piccolo lume dedicato ai defunti. Una volta benedette, le casette vengono utilizzate per decorare la scalinata centrale del paese. (ANSA).
   

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