(ANSA) - ROMA, 8 SET - Per recuperare competitività sui
mercati e guadagnare sostenibilità ambientale, l'olivicoltura
Made in Italy deve intraprendere al più presto la strada della
modernizzazione e dell'innovazione. Investendo su un modello
produttivo intensivo e tecnologico, che valorizzi al contempo il
patrimonio varietale dei diversi territori e utilizzi anche il
metodo biologico. È quanto emerso dal convegno "L'olivicoltura
biologica intensiva, un'opportunità per la competitività
dell'olio extravergine d'oliva italiano" organizzato da
Cia-Agricoltori Italiani e Anabio nell'ambito del Sana 2018 a
Bologna Fiere.
Oggi in Italia, precisano Cia a Anabio in una nota, l'olivo è
coltivato su un milione di ettari, conta oltre 820.000 aziende
agricole e circa 5.000 frantoi. Il valore della produzione
agricola è di 1,3 miliardi di euro, mentre il fatturato
dell'industria olearia è di oltre 3 miliardi di euro.
L'olivicoltura "bio", in particolare, rappresenta oltre il 20%
della superficie totale, con più di 222.000 ettari lavorati con
il metodo biologico. Eppure, nonostante questi numeri, ''il
settore fatica a stare dietro a competitor con sistemi olivicoli
più moderni -spiegano Cia e Anabio- che si stanno espandendo
sfruttando un mercato mondiale caratterizzato da domanda
crescente. Migliorare la produttività dell'olio italiano deve
diventare la priorità assoluta: ciò vuol dire investire sugli
oliveti, accrescendo per esempio estensione e densità''.
Tuttora,l'olivicoltura nazionale è caratterizzata da
basse dimensioni medie aziendali (1,3 ettari) con una superficie
occupata da oliveti "adulti": il 63% ha più di 50 anni, mentre
solo 1% ha meno di 5 anni. Non solo poche piante e impianti
nuovi, rimane anche la questione della bassa densità a ettaro.
In Italia solo c'è solo un 1% di oliveti intesivi con più di 600
piante e un 4% di semintensivi tra 400 e 599 piante, rispetto a
un significativo 42% con meno di 140 piante a ettaro. "Per
questo vogliamo proporre un modello di modernizzazione del
settore che preveda soluzioni tecniche e linee di indirizzo per
il rinnovo degli oliveti italiani -ha spiegato al convegno il
presidente nazionale di Anabio, Federico Marchini- così da
orientare gli investimenti secondo criteri di convenienza
economica, sostenibilità ambientale e resilienza. Crediamo che
si possano realizzare nuovi oliveti, con il metodo biologico, ad
alta densità (400-500 piante per ettaro) utilizzando l'enorme
patrimonio varietale italiano fortemente legato al territorio.
In questo senso, "il Piano strategico della Pac post 2020
rappresenta l'occasione giusta -ha aggiunto Cristiano Fini della
Giunta nazionale Cia- per definire un vero piano di rilancio del
settore, che combini assieme politiche e azioni per rendere
l'olivicoltura italiana più competitiva. Condividendo questa
scelta d'innovazione tra Ministero e Regioni".(ANSA).
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Olio: Cia e Anabio, puntare su modello intensivo e biologico
Oltre 20% superficie olivicola bio, non basta per competitività