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Pastai, guerra grano si vince puntando insieme su qualità

Aidepi, non è attaccando produttori che si risolvono i problemi

Redazione Ansa

- ROMA - Per vincere la guerra del grano la parola d'ordine è qualità. Lo afferma Aidepi (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane) in merito alle iniziative per la tutela del settore del grano duro.

Alle proteste degli agricoltori, l'Associazione risponde che non è l'industria della pasta a determinare il prezzo del grano duro, a farlo è il mercato globale. E non è vero che quest'anno la pasta italiana potrebbe essere fatta solo con grano nazionale, visto che la qualità del raccolto 2016 è complessivamente medio-bassa e le importazioni saranno quindi necessarie per garantire ai consumatori una pasta di qualità.

Secondo Aidepi, non è quindi attaccando l'industria della pasta italiana che si risolvono i problemi dell'inadeguatezza del sistema produttivo del grano duro italiano. "Siamo disposti a cercare soluzioni e a trovare efficaci rimedi - si legge in una nota - ragionando congiuntamente con tutte le componenti di filiera sulle problematiche endemiche del mondo agricolo italiano: polverizzazione della produzione, strutture di stoccaggio inadeguate, qualità delle produzioni non sempre allineate alle esigenze qualitative dell'industria. Una soluzione potrebbe essere trovata incentivando gli accordi di filiera, per dare agli agricoltori una corretta pianificazione della produzione, con la giusta remunerazione e con meccanismi premiali in presenza di parametri qualitativi prestabiliti, in linea con le esigenze dell'industria". Una strada che, laddove possibile, tante aziende del settore stanno già portando avanti da tempo con successo, e che garantisce agli agricoltori che decidono di investire in qualità una redditività fino al 20% superiore rispetto alle quotazioni del mercato.

"Il vantaggio - conclude il presidente Aidepi Riccardo Felicetti - sarebbe reciproco se si riuscisse ad utilizzare solo grano italiano, ma per il momento, nonostante questo raccolto sia in quantità eccezionali, la qualità in termini proteici è bassa. Scontiamo poi anche un problema strutturale: in Italia - come recentemente chiarito dall'industria semoliera - non disponiamo di silos di stoccaggio adeguati per conservare le eccedenze produttive".

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