Plastica in mare,speranze dalle capacità digestive del krill
Da uno studio australiano pubblicato in Nature Communications
(ANSA) - SYDNEY, 9 MAR - Il krill, lo zooplancton relegato nel
fondo della catena alimentare, promette di essere l'arma segreta
nella guerra contro l'allarmante inquinamento da plastica delle
acque marine del mondo. Uno studio australiano, pubblicato in
Nature Communications, dimostra che i minuscoli crostacei, che
possono vivere fino a 10 anni e sono una delle specie animali
più abbondanti, ingeriscono la microplastica e attraverso il
sistema digestivo la scompongono in nanoplastica molto più
piccola che espellono nelle feci. La responsabile dello studio,
Amanda Dawson della Griffith University, ha realizzato
accidentalmente la scoperta mentre lavorava presso l'acquario
dell'Australian Antarctic Division a Hobart in Tasmania, in un
progetto sulle microperle - polietilene plastico spesso usato in
prodotti cosmetici come creme per il viso, per studiarne gli
effetti tossici di inquinamento. "Abbiamo osservato che il krill
effettivamente scompone la plastica, è stato sorprendente",
scrive Dawson. "E' difficile sapere esattamente quali siano le
implicazioni, ma la teoria indica che poiché la plastica negli
oceani è già degradata e più fragile, sarà ancora più facile per
il krill scomporla ulteriormente". Nell'Oceano Meridionale
vivono fino a 500 milioni di tonnellate di krill e ogni creatura
filtra 86 litri di acqua marina al giorno. "Vi è tanto krill che
ogni giorno miliardi di tonnellate di acqua marina antartica
vengono efficacemente filtrati dalla popolazione di krill",
scrive la ricercatrice. E' la prima volta che gli scienziati
esaminano la microplastica digerita dai crostacei. Lo studio
indica che i frammenti espulsi con le feci sono in media del 78%
più piccoli delle microperle originali, e in alcuni casi sono
ridotti del 94%. La ricerca suggerisce che altre forme di
zooplancton con simili sistemi digestivi possano anche essere in
grado di scomporre la microplastica. Dawson avverte tuttavia che
il fenomeno può essere un'arma a doppio taglio, considerando il
potenziale per le tossine di passare attraverso la catena
alimentare, man mano che le particelle espulse diventano
disponibili a organismi che non riuscirebbero a ingerire le
particelle più grandi. "Abbiamo appena grattato la superficie e
sarà necessario altro lavoro di ricerca", osserva. (ANSA)
Leggi l'articolo completo su ANSA.it