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Terremoto: produttore ittico, persi milioni di trote

Scossa ha spaccato vasche, acqua torbida Nera può fare di peggio

trote

Redazione Ansa

VISSO (MACERATA) - Un milione di avannotti inghiottiti dalla terra, nel vero senso della parola. Mangiati dall'Ade. E chissà quanti altri milioni di piccole trote sono finite nelle viscere dei Sibillini perché la scossa di domenica ha spaccato le vasche dove vivevano, le ha svuotate e ha trascinato i pescetti nelle crepe. I conti li fa Pietro Tranquilli ''sfollato di Visso, perché la mia casa, inagibile, è nel centro storico del paese'', itticoltore tra i più importanti in Italia. ''Io ne ho persi minimo un milione'', dice. Degli altri produttori ancora non si sa. E Pietro parla di una cosa semplice, quasi minimale: l'acqua. Quella con la A maiuscola, l'Acqua del Nera che nasce in montagna, ''fate attenzione, lasciatecela pura''.

La frana a monte ha deviato il Nera, l'acqua si è intorbidita e le trote la vogliono pura, l'acqua, se no deperiscono, non mangiano, muoiono. E parliamo di milioni di trote. A Visso e dintorni ci sono tra le aziende ittiche di acqua dolce più importanti d'Italia. ''Chiedo che quando lavoreranno alla frana facciano attenzione a non rovinarci ancora di più - spiega quasi a mani giunte Tranquilli -. Se l'acqua si sporca, è la fine''. Con il terremoto si sono persi gli incassi futuri mentre i danni sono attuali. Ricostruire una vasca si può fare subito, mentre un avannotto ci mette due anni per arrivare a pesare un chilo e finire sul mercato. E la coltivazione delle trote è uno dei business milionari della zona. ''In questo modo fra qualche tempo avremo un buco di prodotto - riprende Tranquilli, sfollato a Foligno con la famiglia -. Produciamo 6 mln di trote l'anno, siamo tra le aziende più grandi, ai danni del terremoto rischiamo di aggiungerne altri, più gravi addirittura, se non rispetteranno l'eco-sistema del fiume. Per coltivare le trote l'acqua deve essere pura, se si intorbidisce le trote stentano. Siamo preoccupati, molto''. Tranquilli ha perso il 20% del prodotto, è sfollato ''ma ho i dipendenti ancora lassù al lavoro e spero che lo Stato di venga incontro e non solo sulle spese, perché la nostra è una azienda che dà lavoro, che permette alla gente di restare nelle aree interne, di usufruire di un prodotto sano e buono. Chiedo solo che si rispettino, e che rispettino la natura nella quale viviamo''.

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