Rubriche

Carne rossa, da non demonizzare anche in chi affronta tumore

Lo ha spiegato il professor Paolo Marchetti, ordinario di Oncologia all'Università La Sapienza

Carne rossa, da non demonizzare anche in chi affronta tumore

Redazione Ansa

La carne rossa non è un alimento da demonizzare, nell'ambito di una dieta sana, nemmeno nei pazienti oncologici. Fino a 500 grammi a settimana di carne rossa non processata e cotta in maniera adeguata (non alla brace, al forno o ancora meglio se cotta a basse temperature) e conservata in maniera adeguata sono un supporto nutrizionale più che adeguato per tutti e nei pazienti oncologici che affrontano un percorso così complesso. Lo ha spiegato il professor Paolo Marchetti, ordinario di Oncologia all'Università La Sapienza, in una lectio magistralis alla sede nazionale a Roma di Cia-Agricoltori Italiani.

Secondo Marchetti "più del 60% dei pazienti oncologici in prima visita presenta un quadro di malnutrizione e questo ha influenze particolarmente negative sulla qualità e la capacità di tollerare le cure". Uno studio presentato all'Asco (congresso dell'American Society of Clinical Oncology) ha valutato l'importanza di un supporto nutrizionale legato alle proteine anche per ridurre la tossicità delle cure, e l'esperto ha annunciato che l'impatto delle carni rosse su quelli che sono i tempi di tolleranza ai trattamenti sarà l'oggetto uno studio che partirà a settembre, ottobre, con la Fondazione per la medicina personalizzata alla Sapienza. "La demonizzazione e' frutto - ha evidenziato Marchetti - di una lettura superficiale di alcuni lavori che davano alcune evidenze ma non così poi significative: legare la carne all'aumento del rischio di tumore del colon retto di circa il 38%, quando fumare sigarette aumenta il rischio di tumore del polmone da 3000 a 5000 volte, e' una cosa diversa".

Importante e' anche il percorso della filiera. "Stiamo lavorando - ha spiegato Dino Scanavino, presidente Cia-Agricoltori Italiani - attorno a un progetto che ci permetterà di produrre sempre di più animali nati, allevati e lavorati in Italia . Anziché acquistare un milione di capi bovini dall'estero come stiamo facendo in questi anni se riuscissimo a ridurre di due, trecentomila unità la dipendenza dall'estero sarebbe un vantaggio non solo economico ma sociale e ambientale". 
   

Leggi l'articolo completo su ANSA.it