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Caffè, esperti settore chiedono giusto prezzo vendita al bar

Rivendicato un costo minimo di almeno 1,50-2 euro

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA - "Credo che non esista nessun altro prodotto in commercio che al variare della qualità non veda cambiare anche il prezzo. Forse non tutti sanno che con una tazzina di espresso venduta attorno a 0,80 euro, non si ottiene un margine di profitto sufficiente per pagare i costi di gestione della caffetteria, a cominciare da quelli del contratto di lavoro del barista professionista che incide non poco, quasi il 50% del prezzo. A questi si aggiungono i costi di gestione dell'attività, di affitto, delle utenze, dell'acquisto delle attrezzature, che quando sono in comodato d'uso il barista le paga attraverso un rincaro del prezzo del prodotto, anche se spesso non ne ha consapevolezza. Per un bar di medie dimensioni, con un consumo medio di caffè di 3 chili al giorno, circa 350- 400 espressi serviti, il fatturato generato non permette di mantenere l'attività. Da questa premessa appare chiara la necessità di una revisione di quello che è l'approccio della vendita del caffè al bar". E' quanto sostiene Andrej Godina, caffesperto, PhD in Scienza, Tecnologia ed Economia nell'Industria del Caffè intervenendo nel dibattito che affronta la questione del prezzo del caffè e sul giusto valore di una tazzina di espresso.

Sul prezzo giusto Godina evidenzia che "il caffè della casa deve avere un prezzo minimo di almeno 1,50-2 euro, che dipende dalla qualità del prodotto e dalla qualità del servizio offerto". "Nessuno, credo, si scandalizza. sottolinea l'esperto- se un calice di vino di una particolare annata e di grande pregio costa 15 o 20 euro, la medesima cosa deve avvenire anche per caffè altrettanto pregiati". Mauro Illiano, winexpert e caffesperto, segnala invece la "forte la necessità di supportare e incentivare tutti i protagonisti interessati a stilare le Carte dei Caffè, che permettano finalmente di sdoganare la tazzina dalla sua costante di prezzo". (ANSA).

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