(ANSA) - ROMA, 23 AGO - Dopo l'abbandono dell'industria dello
zucchero, avviato negli anni '80 con la scomparsa di 330.000
ettari di campi di barbabietole da zucchero (oggi 30.000), col
passaggio in mani straniere della Salina Margherita di Savoia,
la più grande lungo la Penisola, l'Italia perde anche il sale,
che è un prodotto strategico, quindi da tutelare, da
controllare, da certificare in quanto indispensabile
nell'industria alimentare e cosmesi e in quanto strumento di
salatura di eccellenze del mande in Italy come i prosciutti. E'
il grido d'allarme di Giampietro Comolli, esperto di food&wine
economy e ricercatore sul sale, dopo l'acquisizione da parte di
Salins du Midi delle saline di Margherita di Savoia, in Puglia,
tra le più grandi d'Europa, con 500 ettari di vasche.
Il gruppo francese, precisa Comolli, è un colosso sul mercato
europeo, già proprietario del sale della Camargue e di altre
saline marittime francesi, oltre che del 100% di Cis-Compagnia
Italiana Sali, operante a Porto Viro (Rovigo) con capannoni e
area di stoccaggio per 60.000 mq che ricevono via mare "sali"
dalle miniere francesi, dalle saline dell'Atlantico alle 4 sedi
in Spagna alle 3 in Tunisia. Lavora da 4 a 6 milioni di
tonnellate all'anno, pari a quasi 3 volte la totale produzione
italiana.
"Il passaggio di mano ai francesi è un altro esempio di poco
interesse nazionale - conclude Comolli -, per l'incapacità di
riconoscere il valore strategico nazionale di una commodity
soprattutto legata al made in Italy e al turismo
enogastronomico. Passa di mano, nel silenzio, la salina
pugliese, che da sola può produrre ottimo sale integrale e
iodato per circa 1 milione di tonnellate all'anno, con il 97-98%
di purezza di cloruro sodico, col rischio di lasciare a casa
20-30 lavoratori".
Il sale italiano, stima l'esperto di food economy, vale
125-135 milioni di euro l'anno all'origine, che diventano circa
200 milioni come fatturato finale al consumo. "Margini
reddituali stretti, prodotto senza valore aggiunto e prodotto
commodity sono i punti deboli. Un altro problema è
l'esportazione di sale in Italia, che vale 70 milioni di euro,
pari al 30%, di cui parte finisce anche, senza chiara origine e
tracciabilità, sulle tavole degli italiani. Questo nasconde e
annacqua ancor più la origine nazionale. Credo che un po' di
chiarezza per il consumatore finale sia obbligatoria, urgente",
chiede Comolli. (ANSA).
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Salina Margherita: in mani straniere anche futuro prosciutti
Comolli, il sale italiano vale 125-135 milioni di euro l'anno