Una tassa di pochi centesimi, unita ad altre semplici misure,
può diminuire il consumo di bibite zuccherate nei ristoranti. Lo
dimostra uno studio condotto sulla catena londinese Jamie's
Italian e pubblicata dalla rivista Journal of Epidemiology &
Community Health.
L'Oms ha indicato in diversi documenti l'aumento del prezzo
come una delle strategie principali per limitare il consumo di
alimenti pericolosi per la salute, oltre che di prodotti del
tabacco e alcolici. Lo studio, coordinato dalla London school of
Hygiene and Tropical Medicine, è stato condotto su 37 ristoranti
della catena fondata dallo chef Jamie Oliver, in cui è stata
introdotta una tassa di 10 centesimi sulle bibite,
corrispondente ad un aumento del 3,5% del prezzo, insieme ad una
ridefinizione del menu con l'indicazione del perché
dell'iniziativa, i cui proventi sono stati devoluti in
beneficienza. A tre mesi dall'introduzione, spiegano gli autori,
i consumi di bibite sono diminuiti dell'11%, mentre dopo sei
mesi il calo è risultato del 9,3%. Nello stesso periodo le
vendite di succhi di frutta sono aumentate invece del 22%. "Un
piccolo tributo sulle bibite zuccherate vendute nei ristoranti -
afferma Steven Cummins, l'autore principale - può avere il
potenziale di cambiare il comportamento dei consumatori".
In Gran Bretagna una tassa sulle bibite dovrebbe scattare ad
aprile 2018, mentre in Usa diverse realtà locali l'hanno già
introdotta, nonostante l'attività contraria dei produttori.
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Gb, con tassa 10 cent su bibite consumi giù del 9%
Test in catena ristoranti Jamie Oliver, cambia menu e prezzo