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In tasca agli italiani un miliardo in criptovalute

Oam, piacciono ai giovani ma gli importi più alti sono degli over 40 

Redazione Ansa

Sono soprattutto i giovanissimi compresi tra i 18 e i 29 anni ad investire in criptovalute in Italia. Anche se, guardando agli importi, la moneta virtuale convince in particolare gli investitori più adulti, tra i 40 e i 60 anni, che dispongono di maggiore liquidità. In ogni caso dal bitcoin al binance, il mercato italiano sembra particolarmente recettivo alle valute digitali. Secondo i dati trasmessi all'Oam, l'organismo degli agenti mediatori, alla fine del primo trimestre del 2023i clienti degli operatori specializzati detenevano nel nostro Paese oltre un miliardo di euro in criptovalute.

Complessivamente sono stati trasmessi all'Organismo i dati identificativi e relativi all'operatività di oltre 1,17 milioni di clienti: di questi il 59% (più di 690.000) deteneva, all'ultimo giorno del trimestre di riferimento, criptovalute in portafoglio per un controvalore in euro pari in totale esattamente a 1.067.614.570, e un valore medio di circa 1.545 euro. Tra i dieci Paesi europei con il maggior prodotto interno lordo, l'Italia è peraltro al secondo posto per numero di Prestatori di servizi relativi all'utilizzo di valuta virtuale e Prestatori di servizi di portafoglio digitale (Vasp), in tutto 114. Un numero che segue quello della Polonia, che ne conta addirittura 768, e che precede quello della Francia, a 78. Dai dati trasmessi all'Oam risulta che la clientela nella fascia d'età tra i 18 e i 29 anni rappresenta la quota maggiore, pari al 40%, seguita dai clienti con età tra 30 e 39 anni (25%).

Il peso percentuale si riduce man mano che sale la fascia d'età, arrivando all'1% per gli ultrasettantenni. Se però si esamina l'ammontare degli investimenti (sia i saldi totali delle valute legali e virtuali che il numero e il controvalore delle operazioni di conversione delle valute legali in valute virtuali, e viceversa) a detenere il primato è la clientela compresa tra i 40 e i 60 anni, con percentuali intorno al 50 per cento. Portando avanti l'attività di lotta all'abusivismo, l'Oam ha individuato 16 soggetti che sembrerebbero svolgere l'attività di prestatori senza essere iscritti al Registro speciale. In particolare, sono stati analizzati 65 soggetti, verificando che il 25% del campione (16 soggetti su 65) ha un sito internet in lingua italiana e il 5% (3 soggetti su 65) un social network in lingua italiana.

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