C’è una linea di frontiera invisibile negli abissi marini, che divide gli animali dotati di guscio da quelli che ne sono privi: si trova a oltre 4 chilometri di profondità, dove la luce del Sole non arriva, le temperature sono comprese tra 0,5 e 3 gradi e la pressione è elevatissima. Il confine è stato scoperto nel corso di 12 spedizioni, da ricercatori guidati dal Centro Nazionale di Oceanografia britannico di Southampton. Secondo quanto afferma lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Ecology & Evolution, il cambiamento climatico e l'acidificazione degli oceani potrebbero alterare questa frontiera, cosa che mette in pericolo l’intero ecosistema degli abissi, il più esteso della Terra visto che copre il 60% della sua superficie, ma anche il meno esplorato.
Il gruppo internazionale guidato da Erik Simon-Lledó ha studiato l’area compresa tra 3 e 6 chilometri di profondità marina nella cosiddetta zona di Clarion–Clipperton: una vasta area dell’Oceano Pacifico tra le Hawaii e il Messico che si estende per circa 6 milioni di chilometri quadrati, uno degli ambienti più remoti e incontaminati del pianeta.
Nel corso delle spedizioni, i ricercatori hanno raccolto dati su oltre 50mila animali, scoprendo che, a seconda della tipologia, si distribuiscono in due zone distinte: le profondità comprese tra 3,8 e 4,3 chilometri sono dominate da coralli molli, stelle ‘serpentine’ (parenti strette delle stelle marine), e molluschi dotati di guscio; invece, le comunità abissali che si trovano tra 4,8 e 5,3 chilometri sono composte principalmente da anemoni, spugne di vetro e cetrioli di mare.
Questa divisione è probabilmente guidata dalla disponibilità di carbonato di calcio, la sostanza che compone i gusci delle creature marine, che diventa scarsa quando si scende negli abissi. Si pensava che la biodiversità diminuisse man mano all’aumentare della profondità, invece gli autori dello studio hanno dimostrato che si mantiene abbondante anche superata la linea di confine.
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