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Il ponte di terra tra Siberia e Alaska è emerso 35mila anni fa

Più recente del previsto, ha permesso le prime migrazioni umane in America

Lo stretto di Bering (fonte: Julie Granger)

Redazione Ansa

Il ponte di terra che collegava la Siberia con l’Alaska, l’attuale stretto di Bering, sarebbe emerso più recentemente di quanto stimato finora: non prima di 35.700 anni fa, ben 10mila anni dopo il culmine dell’ultima era glaciale. A dirlo è un nuovo studio coordinato dall’università della California a Santa Cruz e pubblicato sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (Pnas) che tenta di ricostruire le trasformazioni di questo tratto di terra fondamentale per ricostruire la storia antica delle migrazioni umane.A causa delle glaciazioni, decine di migliaia di anni fa il profilo delle coste era molto differente da quello attuale. Le grandi quantità di ghiaccio accumulate sui continenti portarono infatti all’abbassamento di oltre un centinaio di metri del livello dei mari e di conseguenza un aumento delle terre emerse. Tra queste differenze c’era un largo lembo di terra, una vasta pianura con un clima quasi mite, che collegava l’attuale Siberia con l’Alaska. Una regione che sarebbe stata abitata anche dall’uomo e che funse da ‘ponte’ per le prime migrazioni umane verso il continente americano. Ma datare con precisione questi eventi pone una serie di difficoltà e molti dati emersi negli ultimi anni sono a volte in contraddizione l’uno con l’altro. Analizzando la composizione di isotopi dell’azoto presenti in alcuni sedimenti i ricercatori americani hanno nuovamente ricostruito l’evoluzione di quella regione scoprendo che l’emersione del ponte di Bering sarebbe avvenuto circa 10mila anni più tardi del previsto, ossia 35.700 anni fa. Secondo gli autori l’abbassamento dei mari, di circa 130 metri, sarebbe avvenuto con migliaia di anni di ritardo rispetto al picco glaciale, noto come Ultimo Massimo Glaciale) che si registrò 46mila anni fa. “Un dato importante per comprendere i feedback tra clima e calotte glaciali, perché implica che c'è stato un sostanziale ritardo nello sviluppo delle calotte glaciali dopo che le temperature globali erano diminuite” ha commentato una delle autrici, Tamara Pico. Un dato importante anche per gli studiosi che cercano di decifrare le tempistiche dei primi arrivi umani sul continente americano reso possibile proprio dall’esistenza del ponte di Bering. 

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