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Parisi, alziamo la voce della scienza per difendere le foreste

La nostra generazione ha davanti una strada buia e accidentata

Parisi, la scienza alzi la voce per difendere le foreste (fonte: saghfkazabhamoon da PxHere)

Redazione Ansa

"La protezione delle foreste e le azioni di riforestazione sono fondamentali, ma sfortunatamente le azioni dei governi finora non sono state all'altezza, dobbiamo far sentire la voce della scienza": così Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica 2021, nel suo intervento alla conferenza internazionale 'Global Forest and Tree Restoration', organizzata a Roma dall'Accademia Nazionale dei Lincei e in programma fino al 12 ottobre.

   "Sappiamo dall'esperienza con la pandemia di Covid-19 che non è facile prendere efficaci contromisure in tempo", aggiunge Parisi: "La nostra generazione ha davanti una strada buia e accidentata, e la luce che deve guidarci è quella della ricerca scientifica". Il premio Nobel sottolinea l'importanza di iniziative come questa per fare pressione sui governi e spingerli nella giusta direzione: "abbiamo bisogno di molti più investimenti che ci consentano di sviluppare nuovi strumenti, nuove tecnologie e acquisire nuove conoscenze. In questa impresa - osserva - saranno necessarie anche le collaborazioni internazionali, per capire non solo come portare avanti le azioni di riforestazione, ma dove".

Parisi, attualmente vicepresidente dell'Accademia dei Lincei, porta all'attenzione la necessità di un nuovo approccio verso le foreste, che si sono sempre viste distrutte per permettere il progresso delle civiltà fin dai tempi antichi. "Dobbiamo smettere di trattare le foreste come una cosa statica, immutabile: gli alberi sono organismi viventi - rileva il fisico italiano - quindi crescono, cambiano ed evolvono nel corso del tempo: non possiamo trattarli come se fossero oggetti inanimati".

Il Nobel conclude ribadendo la scelta fondamentale che l'umanità si trova ora a fronteggiare: "La protezione delle foreste ed il loro recupero è una missione importantissima, anche per la scienza, perché ci troviamo ad affrontare un problema che non abbiamo mai affrontato prima".

Un primo passo era stato fatto nell'incontro delle nazioni del G20 avvenuto a Roma alla fine del 2021, con l'impegno comune a incoraggiare lo sviluppo della riforestazione. "A livello politico manca la volontà", afferma Enrico Porceddu, membro dell'Accademia dei Lincei e organizzatore dell'evento, "perché significa non solo stanziare fondi, ma anche organizzare e preparare il personale che dovrà poi occuparsi materialmente della riforestazione".

Per raggiungere questi obiettivi è necessario il supporto di solide basi scientifiche per riconoscere e affrontare i colli di bottiglia critici, come la capacità di produrre quantità adeguate di piante certificate e di alta qualità, la ricerca di un accordo con le comunità locali per evitare conflitti, l'individuazione precisa delle aree. Un aspetto, quest'ultimo, che può essere particolarmente problematico: "La pianificazione è importante, ma poi si deve tenere conto anche della realtà - osserva Porceddu - perché i contesti a livello locale possono essere molto diversi e portare a problemi diversi". Attualmente, le foreste coprono il 30% della superficie terrestre, pari a circa 3,9 miliardi di ettari, ma la deforestazione ha assunto ritmi elevati: ogni anno si perdono 12 milioni di ettari di foreste, soprattutto negli ambienti tropicali, ma anche nelle regioni temperate e boreali. Perdite che sono solo parzialmente compensate dalla riforestazione, che ogni anno interessa circa 5 milioni di ettari.

Le principali cause di deforestazione sono da individuare nell'espansione dell'agricoltura e nella raccolta della legna, alle quali si stanno aggiungendo anche gli incendi boschivi, che tra 2001 e 2021 hanno pesato sulla perdita di foreste per un terzo. È ormai ampiamente riconosciuto il ruolo svolto da questi ecosistemi nella mitigazione del cambiamento climatico, oltre a tutti gli altri servizi ecosistemici fondamentali che offrono. Non ultimo la protezione per gli animali che vi abitano: un recente studio internazionale, pubblicato sulla rivista dell'Accademia americana delle scienze (Pnas) e guidato dall'Alleanza statunitense per la fauna selvatica dello zoo di San Diego (Sdzwa), mostra come la deforestazione stia addirittura spingendo le scimmie a cambiare il proprio stile di vita scendendo dagli alberi. 

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