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Il cuore della Terra si raffredda più in fretta del previsto

Lo indica lo studio dei minerali posti tra nucleo e mantello

Rappresentazione grafica dell'interno della Terra (fonte: NASA/JPL)

Redazione Ansa

Il ‘cuore’ della Terra si starebbe raffreddando più in fretta del previsto: è quanto suggerisce lo studio della conduttività termica di un minerale che si trova al confine tra nucleo e mantello. I risultati, che potrebbero avere implicazioni per l’evoluzione del nostro pianeta, sono pubblicati sulla rivista Earth and Planetary Science Letters da un team internazionale guidato da Motohiko Murakami del Politecnico federale di Zurigo.

I ricercatori hanno misurato in laboratorio la conduttività termica del minerale bridgmanite, che si trova al confine tra le rocce viscose del mantello e lo strato bollente di ferro e nickel fusi del nucleo esterno. Per eseguire le misure nelle stesse condizioni di temperatura e pressione che si trovano all’interno della Terra, hanno impiegato un nuovo sistema ad assorbimento ottico all’interno di un’unità fatta di diamante e riscaldata con un laser a impulsi. I risultati indicano che la conduttività termica del minerale è 1,5 volte maggiore del previsto: ciò significa che il flusso di calore tra nucleo e mantello potrebbe essere superiore a quanto ipotizzato finora e di conseguenza anche la convezione nel mantello. Ciò implica un raffreddamento più rapido dell’interno della Terra e una più rapida decelerazione della tettonica a placche alimentata dai moti convettivi. Quando la bridgmanite si raffredda, inoltre, tende a trasformarsi in post-perovskite, un minerale che conduce il calore in modo ancora più efficiente: dunque il raffreddamento del mantello potrebbe accelerare ulteriormente.

“I nostri risultati – spiega Murakami – indicano che la Terra, al pari degli altri pianeti rocciosi Mercurio e Marte, si sta raffreddando e sta diventando inattiva più rapidamente del previsto”. Più cauto Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), che sottolinea come nessuno sappia esattamente quanta bridgmanite sia presente tra nucleo e mantello né quale sia la temperatura a quella profondità. “Partire dallo studio di un singolo minerale per estrapolare conclusioni sull’evoluzione dell’intero pianeta mi pare azzardato, anche perché non si tiene conto di evidenze emerse negli anni circa la reale capacità di convezione del mantello”.

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