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Prima stima della probabilità dell'eruzione di un supervulcano

Da 10 a 100 volte maggiore dell’impatto di un grande asteroide

Redazione Ansa

Se oggi avvenisse una super-eruzione vulcanica, con più di 1.000 chilometri cubi di ceneri eruttate nell’atmosfera, la civiltà umana e il suo progresso tecnologico potrebbero essere riportati indietro di secoli. Lo studio di due ricercatori italiani, Paolo Papale dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e Warner Marzocchi dell’Università Federico II di Napoli, pubblicato sulla rivista Science, evidenzia la necessità di una strategia globale per prepararsi al disastro, stimando per la prima volta la sua probabilità: da 10 a 100 volte maggiore dell’impatto di un grande asteroide, per il quale molti Paesi stanno invece approntando contromisure.

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“Non si presta molta attenzione a questo tipo di possibili disastri, soprattutto perché non ne è mai avvenuta una in tempi recenti: l’ultima risale a 27.000 anni fa”, spiega all’ANSA Paolo Papale. “Ma viviamo in un mondo altamente interconnesso e per questo estremamente fragile. Anche un'eruzione meno violenta – aggiunge - avrebbe impatti molto pesanti su tutto il mondo, in modo diretto o indiretto. Basta pensare a quella del 2010 in Islanda, che a confronto è stata un’inezia, eppure ha causato il blocco del traffico aereo per una settimana e più di tre miliardi di euro di perdite”.

“L’elemento centrale della nostra ricerca sta nel fatto che per la prima volta abbiamo potuto stimare le probabilità di eventi simili, utilizzando i database delle eruzioni a livello globale”, prosegue Papale. “Nell’arco di vita di una persona, circa 100 anni, la probabilità di assistere ad una supereruzione è dello 0,12%, mentre per eruzioni leggermente meno violente sale a 3,6%”, dice il ricercatore. “Sembrano cifre piccolissime, ma in realtà sono enormi se pensiamo alle possibili catastrofiche conseguenze. Quindi abbiamo due scelte: aspettare senza fare nulla, incrociando le dita, o cominciare ad interrogarci su come dovremmo reagire – conclude – per preservare gli aspetti fondamentali della nostra civiltà”.

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